sabato 10 ottobre 2015

Repubblica 10.10.15
Sharon Appelfeld.
Per l’intellettuale israeliano gli scontri possono ancora essere fermati
“La sola possibilità contro la violenza è tornare al dialogo”
intervista di Guido Andruetto


«Purtroppo quello che sta accadendo non è nulla di nuovo, sono fatti drammatici che si ripetono ciclicamente ogni due o tre anni. Se mi si chiede qual è il mio giudizio su questa nuova ondata di violenza, io per prima cosa dico che non è nuova: è qualcosa che ci accompagna da troppo tempo». Non si sente volare una mosca nella casa di Aharon Appelfeld a Gerusalemme. Niente tv o radio in sottofondo, nessun computer collegato, il cellulare è spento dal mattino. Il vecchio fax l’ha acceso solo per spedire all’editore italiano Guanda alcune note sul suo prossimo libro, Tre lezioni sulla Shoah. Eppure l’eco dei drammatici scontri che stanno insanguinando la striscia di Gaza ed Israele, è arrivata nella stanza piena di libri.
Appelfeld, che cosa la preoccupa di più del clima di queste ore?
«Sono allarmato per questa recrudescenza di atti violenti, che a me sembrano destinati a reiterarsi a oltranza, ma mi sento anche di dire che le cose possono comunque migliorare, che c’è lo spazio per cambiare la situazione. Sono ottimista nonostante quello che sta succedendo ».
Il leader di Hamas, Ismail Haniyeh, ha invocato altri scontri per liberare Gerusalemme. Quali segnali di continuità nota con le precedenti rivolte?
«Non penso che si debba parlare di un ritorno dell’Intifada. E’ una visione errata. Le insurrezioni cui stiamo assistendo in queste ore non hanno certamente la spinta che aveva l’Intifada. Il fuoco di oggi non è forte come lo era in passato».
E’ convinto quindi che sia più facile domarlo?
«Esattamente, si può riuscire a controllare la situazione. Ed è quello che mi auguro accada al più presto. Credo che il premier israeliano Netanyahu e il presidente palestinese Abu Mazen potrebbero dare un contributo fondamentale, insieme, per spegnere o quantomeno per cercare di moderare l’entità di questo ennesimo focolaio di violenza ».
Qual è la sua reazione di fronte all’uccisione di ragazzi palestinesi e agli attacchi contro cittadini israeliani?
«È una violenza che mi addolora profondamente. Mi fa male constatare che non viviamo in pace. E sono sconcertato anche perchè quei giovani non tiravano bombe ma pietre. Le pietre possono essere pericolose ma restano pietre. Non sono bombe».
Quale via di uscita vede, allora?
«Dobbiamo trovare dentro di noi, la forza e la volontà per il cambiamento e per migliorare le nostre vite».
Da dove si dovrebbe cominciare?
«Mi piace pensare che si debba volare alto. Il mio sogno è la pace, bisogna aspirare ad essa, lavorando perché le scuole siano un luogo in cui stare insieme, perché si possa pregare insieme pur avendo fedi differenti, perché si possa vivere insieme serenamente. Tutti hanno bisogno di queste cose».
Israeliani e palestinesi, però, non le sembrano sempre più lontani?
«Non bisogna perdere la speranza di recuperare il dialogo. Nonostante tutto dobbiamo sforzarci per alimentarlo in tutte le forme possibili».
Aharon Appelfeld, 82 anni, sopravvissuto alla Shoah, è lo scrittore autore di romanzi come “Un’intera vita” e “Il ragazzo che voleva dormire”