venerdì 9 ottobre 2015

La Stampa 9.10.15
Quel ballottaggio Pd-M5S che mette in gioco Renzi
di Marcello Sorgi


Le dimissioni di Ignazio Marino, travolto dal cosiddetto “Scontrinogate”, lo scandalo delle cene private del sindaco pagate con la carta di credito del Comune, trasformano le prossime amministrative di primavera, in cui si dovrà scegliere anche il nuovo sindaco della Capitale, in un test molto più importante del previsto. Per una semplice ragione: perdere o riconquistare Roma, per il Pd, che comunque non parte avvantaggiato in molte delle città che governa, equivale a tutto il risultato nazionale, e in qualche modo a celebrare in anticipo il congresso in cui Renzi dovrebbe rimettere in gioco il suo ruolo.
Meglio sarebbe stato, certo, per il premier, che di Marino si sarebbe volentieri liberato sei mesi fa, riuscire a separare la partita della Capitale da quella delle altre metropoli. Ma la situazione è precipitata mercoledì sera, quando il sindaco, che è oggetto di un’inchiesta per peculato, offrendosi di risarcire il Comune ha sostanzialmente ammesso le proprie responsabilità. A quel punto chiudere la pratica è toccato al presidente del Pd e commissario del partito a Roma Matteo Orfini, che pure era stato in passato fautore del puntellamento della giunta.
L’addio del sindaco è velenoso e lascia trasparire desideri di vendetta. Marino in altre parole potrebbe decidere di ricandidarsi, pur sapendo di non avere alcuna probabilità di essere rieletto, al solo scopo di fare la campagna elettorale tutta contro il Pd, accusandolo di essere il partito di «mafia Capitale» che ha fatto fuori il sindaco che voleva far pulizia. Un incubo, per qualsiasi candidato di centrosinistra che punti a riconquistare il Campidoglio. Che spiega la penuria di aspiranti nel Pd. Con il centrodestra a pezzi sotto l’ombra di Alemanno, il sindaco sotto il quale le larghe intese della corruzione avevano preso piede, e un candidato della società civile come Marchini forte ma non abbastanza, lo sbocco più probabile della prossima corsa per il Palazzo Senatorio sarà un ballottaggio tra Pd e 5 stelle, antipasto delle elezioni politiche che verranno, nel 2017 o 2018: le prime della Terza Repubblica, con l’Italicum e il (quasi) monocameralismo. A meno che Renzi non decida di rovesciare il tavolo tutto insieme.