sabato 3 ottobre 2015

La Stampa 3.10.15
L’America delle stragi quotidiane
Mille volte più letali del terrorismo
Dal 2004 oltre 300 mila vittime in sparatorie di massa contro 300 in attentati E dall’eccidio nella elementare Sandy Hook ci sono stati altri 142 attacchi a scuole
di Paolo Mastrolilli


Se ne riparlerà alle elezioni del 2016. Perché anche se la contabilità delle stragi provocate dalle armi da fuoco negli Usa è schiacciante, Obama non ha i voti in Congresso per inasprire le leggi sul controllo delle vendite.

La battaglia è politica, con la lobby dei produttori Nra che osteggia qualunque limite, ma anche culturale, con i gruppi opposti che si combattono a colpi di numeri.
Secondo i dati del Pew Center, negli Stati Uniti vivono 318 milioni di persone, e ci sono in circolazione fra 270 e 310 milioni di armi varie. Nel 2013 queste armi hanno fatto 33.169 vittime, fra 11.203 omicidi, 21.175 suicidi, 505 incidenti e 281 decessi ancora non classificati. Durante l’intera guerra del Vietnam, per capirsi, morirono circa 58.000 soldati americani. Dagli attentati dell’11 settembre 2001 in poi, la lotta al terrorismo ha dominato il dibattito strategico negli Stati Uniti, eppure le vittime sono molto inferiori. Dal 2004 al 2013, in base alle statistiche dei Centers for Disease Control and Prevention, 316.545 americani hanno perso la vita sul suolo nazionale a causa delle armi da fuoco, contro i 313 uccisi dai terroristi all’estero e in patria. E’ vero che l’11 settembre morirono in un solo giorno quasi 3.000 persone, ma nel lungo periodo non c’è paragone fra la pericolosità di al Qaeda, e quella di fucili, pistole e mitra, venduti legalmente o illegalmente negli Usa.
l problema è che si stanno moltiplicando soprattutto i «mass shooting», cioè le stragi in cui almeno quattro persone perdono la vita. Dall’inizio del 2015 allo scorso agosto ne sono avvenute più di una al giorno, al punto che ormai gli Stati Uniti hanno il 5% della popolazione mondiale e il 31% dei «mass shooting» globali.
Scuole nel mirino
L’emergenza diventa ancora più grave se si considerano i dati degli attacchi alle scuole e alle università, obiettivi privilegiati perché sono poco protetti, e spesso attirano le vendette degli ex alunni usciti di testa. Il primo assalto documentato, secondo la cronologia stilata dalla Eastern Kentucky University, avvenne il 26 luglio del 1764. Quattro indiani della tribù Lenape entrarono nella scuola di Greencastle, in Pennsylvania, uccidendo il preside e una decina di alunni. Il ritmo però è incredibilmente aumentato dagli Anni Novanta in poi, con la strage simbolo della nuova epoca nella Columbine High School, vicino a Denver. Secondo la Eastern Kentucky University, dal 1992 ad oggi sono avvenute 387 sparatorie tra scuole e università, con il 59% delle vittime comprese fra 10 e 19 anni d’età. L’80% di queste stragi è stato fatto usando armi trovate a casa, oppure prese a parenti e amici.
Quella che ha scosso di più l’America è stata senza dubbio la tragedia di Sandy Hook, nel Connecticut, dove nel dicembre del 2012 furono uccisi 20 bambini delle elementari. Eppure nulla è cambiato. Infatti da allora ad oggi, secondo le statistiche del sito Everytown, ci sono state almeno 142 sparatorie nelle scuole e nelle università americane, intese in generale come episodi di violenza in cui è stata usata un’arma da fuoco, indipendentemente dal numero e dal tipo delle vittime. La prima avvenne poco dopo, l’8 gennaio del 2013, a Fort Myers in Florida, mentre l’ultima è stata quella di giovedì a Roseburg, Oregon.
Il potere della lobby
Sembrano dati schiaccianti, eppure non bastano. La lobby dei produttori risponde che l’attenzione dei media per queste stragi è sproporzionata. Il sito «Guns Save Lives» nota che è più facile morire per un incidente in bicicletta o una caduta di vario genere, piuttosto che per un proiettile. Lo fa usando un rapporto dell’Fbi, secondo cui dal 2000 al 2013 in America sono morte solo 418 persone in «active shooter situations», contro le 800 morte in bici o le 26.631 uccise da cadute di vario genere.
Sul piano politico, poi, la National Rifle Association sostiene che ci vorrebbero più armi, per ridurre il numero delle vittime delle armi. Ad esempio, se una guardia o un professore armato avesse incontrato Chris Mercer, avrebbe potuto ammazzarlo prima che facesse una strage. La lobby sfrutta il Secondo emendamento della Costituzione, scritto all’epoca dell’indipendenza per consentire di armare il popolo se gli inglesi fossero tornati, per difendere il diritto dei cittadini ad avere armi, e dice che le leggi per controllare le vendite ci sono, ma chi fa strage non le rispetta. In parte ha ragione: oltre a limitare le vendite, bisognerebbe proprio sequestrare i 300 milioni di armi già in circolazione, ma questa è un’impresa impossibile. Obama non ha neppure i voti per frenare il commercio dei fucili da guerra, anche perché diversi democratici sono nella tasca della Nra. L’unica possibilità resta appellarsi agli elettori, affinché nel 2016 eleggano parlamentari più sensati e indipendenti.