giovedì 29 ottobre 2015

La Stampa 29.10.15
Ann Goldstein
“Difficile rendere la sintassi. Abbiamo eliminato il dialetto”
di Mario Baudino


Ann Goldstein ha tradotto molti autori italiani, dalla sua scrivania del New Yorker, ed è in buona parte l’artefice del successo americano di Elena Ferrante. Coordinatrice delle versioni inglesi per l’opera omnia di Primo Levi, si è misurata personalmente con La tregua, Il sistema periodico e Lilith. Un lavoro enorme, che ora consegna lo scrittore al pubblico statunitense, e non solo agli intellettuali.
Pensa che possa diventare un autore popolare?
«Credo che possa trovare molti lettori, ben al di là di quelli diciamo così accademici. Non tutti i libri sono forse alla portata di tutti, ma Il sistema periodico, ad esempio, può essere letto con interesse, partecipazione e piacere da un pubblico numeroso».
È uno scrittore dalla prosa apparentemente facile. In realtà, come lei stessa ha spiegato nella «Lezione Primo Levi» dedicata appunto alla traduzione, molto complessa. Si è rivelato un autore più ostico, rispetto agli altri italiani?
«In realtà sono tutti difficili, ciascuno ha la sua cifra, ma su tutti è necessario un lavoro di scavo per rendere loro giustizia».
Qual è la cifra stilistica di Levi che più l’ha messa in difficoltà?
«A parte il linguaggio scientifico, c’è la sintassi. In italiano sembra scorrere senza il minimo intoppo, fluida e persino semplice. In inglese diventa complicata, le frasi non possono essere tradotte alla lettera, restando fedeli alla loro costruzione. Lo stesso discorso, devo dire, vale per Elena Ferrante. L’ordine delle parole, la punteggiatura, le congiunzioni possono diventare un problema. Un lettore italiano, ovviamente, non se ne rende conto. Il traduttore invece sì».
Parlava prima del Sistema periodico.
«È il libro che preferisco, perché c’è tutto Levi, con la sua tavolozza intera, la tragedia e il sorriso».
E l’infanzia torinese. È stato difficile proporla ai lettori americani?
«Sono state necessarie scelte decise, come quella di escludere il dialetto. Non avrebbe avuto senso cercare qualche gergalità locale, americana. La struttura dei personaggi, però, è universale: è evidente che tutti possiamo avere un nonno strano oppure eccentrico in famiglia, e nelle situazioni che Levi ricostruisce magistralmente non è difficile identificarsi, anche senza saper nulla di Torino».
Dov’è che sono cominciati i guai?
«Ad esempio quando descrive processi scientifici - che so, la diffusione del carbonio. Sono passi davvero impegnativi. In un articolo [nella raccolta L’altrui mestiere, ndr] analizza una scena dei Promessi sposi in cui Renzo scappa col pugno per aria, studia il gesto e conclude che è impossibile, sbagliato».
Scrive infatti che «è del tutto innaturale correre con il pugno in aria. È antieconomico, anche per pochi passi: si perde molto più tempo di quanto non ne occorra per stringere e sollevare il pugno una seconda volta».
«Ecco. Rendere adeguatamente un passo simile in inglese, rispettando il tono di Levi, la sua oggettività partecipe, è una prova non da poco».