mercoledì 28 ottobre 2015

La Stampa 28.10.15
Anas, la “dama nera” ha deciso di parlare
Ora la politica trema
di Guido Ruotolo


La «dama nera», Antonella Accroglianò, ha deciso di collaborare. Di chiamare in causa i vertici dell’Anas, di svelare i rapporti di «padrinaggio» tra imprese e politici. E sarà un terremoto dalle conseguenze imprevedibili. Accroglianó è incastrata dalle prove raccolte dalla Guardia di Finanza, dall’inchiesta del procuratore di Roma, Giuseppe Pignatone. E cerca di ridurre i danni. Non solo riconoscendo le sue «colpe», quelle documentate dalla inchiesta, ma anche ammettendo altre corruzioni e, soprattutto, svelando il marcio che c’è all’Anas, la prima stazione appaltante del Paese. Per il ruolo che ha ricoperto è in grado di sapere? Può effettivamente terremotare non tanto l’Anas, quanto il sistema degli appalti, la triangolazione tra potere politico, quello imprenditoriale e la stessa Anas?
Naturalmente l’annuncio dell’avvocato Giancarlo Pittelli della intenzione della sua assistita di collaborare, porta anche gli altri indagati finiti in carcere o ai domiciliari, a riflettere sulla possibile via d’uscita della collaborazione. Un passo in più rispetto alla semplice ammissione del funzionario Anas Giovanni Parlato, trovato dai Finanzieri con 25.000 euro di mazzette, che nell’interrogatorio di garanzia ha ammesso che quelle bustarelle erano tangenti. E ieri l’ex sottosegretario del governo Prodi, il Pd Luigi Meduri, ha negato di aver preso mazzette.
È ovvio che il passaggio alla collaborazione non può avvenire con gli interrogatori di garanzia. Bisognerà aspettare che gli indagati chiedano di essere sentiti dalla Procura. E i loro legali sanno perfettamente che Pignatone non ama perdere tempo. Insomma che la collaborazione deve essere sincera e deve far fare dei significativi passi in avanti alla inchiesta. Ecco perché è importante la decisione della «dama nera» di collaborare. Nel carcere di Rebibbia in queste ore starebbe riordinando le idee scrivendo appunti, un qualcosa che ricorda un memoriale che può aprire scenari inediti sul sistema della corruzione non a Roma ma nel Paese. Finora, l’inchiesta ha documentato mazzette per duecentomila euro (nel corso delle perquisizioni contemporanee agli arresti, sono stati sequestrati trecentomila euro in contanti). Ma la prospettiva, secondo alcuni investigatori, è che la pentola a pressione dell’Anas esplodendo travolga imprese e politica.
La «banda» di Accroglianò e degli altri dirigenti e funzionari ha operato prima che arrivasse all’Anas il «bonificatore» Gianni Vittorio Armani, che ancora ieri prometteva i licenziamenti dei funzionari, dirigenti corrotti. Il loro era un livello intermedio. In grado di velocizzare i mandati di pagamento degli appalti, di nascondere le penali, di favorire le imprese. A monte c’erano le gare e le aggiudicazioni degli appalti, a valle i lavori. E per quanto riguarda il raddoppio della Salerno-Reggio Calabria, vale per tutti la definizione di quel l’appalto come «il più grande corpo di reato», il 3% dei lavori subappaltati alla ’ndrangheta. Dunque la «dama nera» conosce il marcio dell’Anas delle diverse presidenze passate. Come quella di Pietro Ciucci, il cui nome già emerge nelle carte della recente ordinanza di custodia cautelare. È la stagione dell’Anas «feudo» di An che rischia di finire sul banco degli imputati. Nei rapporti della Finanza si fa il nome dell’ex ministro delle Infrastrutture Altero Mattioli, oltre che del ministro Angelino Alfano. E si millanta un incontro tra imprenditori e il ministro attuale delle Infrastrutture Delrio. C’è da mettere in conto che schizzi di fango potranno colpire indistintamente anche innocenti. Ma c’è da stare tranquilli perché le indagini sono affidate al procuratore Pignatone.