La Stampa 23.10.15
Netanyahu inciampa nell’Olocausto
Gli Usa: ora basta frasi incendiarie
Il leader israeliano vede Kerry e Merkel e smorza i toni
Malumori nel governo, partita la corsa alla successione
di Maurizio Molinari
Reduce da una settimana di errori e difficoltà, il premier israeliano Benjamin Netanyahu sceglie il basso profilo nell’incontro a Berlino con John Kerry, che al termine si dice «cautamente ottimista» sulla possibilità di mediare con i palestinesi di Abu Mazen «un accordo per porre fine alle violenze»
L’indebolimento politico di Netanyahu nasce da quanto è avvenuto in Israele negli ultimi giorni: l’ala destra della coalizione di governo ha obbligato il premier alla marcia indietro sul posizionamento di una barriera per separare alcuni quartieri arabi ed ebraici di Gerusalemme, e poi è stato il premier a commettere l’errore di attribuire al Gran Mufti Al-Husseini la decisione dello sterminio degli ebrei da parte di Hitler, ritrovandosi isolato come mai avvenuto nella sua lunga carriera. Perfino il vicepremier Silvan Shalom, parlando alla radio Kol Israel da Parigi, ha mostrato esitazioni nel sostenerlo sulla rilettura della genesi della Shoah.
In lizza Benny Gantz
«In una nazione politicamente vivace come Israele - osserva Ori Katzir, ex portavoce del premier Ehud Barak - ciò significa accendere i riflettori sui possibili successori di Netanyahu come Gilad Erdan e Nir Barkat a destra oppure gli ex generali Benny Gantz e Gabi Ashkenazi a sinistra». Per la Casa Bianca di Barack Obama l’indebolimento interno di Netanyahu è una carta politica da giocare. Per questo il portavoce della Casa Bianca Eric Schultz mette l’accento sullo scivolone del premier sulla Shoah rimproverandogli una «retorica delle provocazioni che non giova al contenimento delle violenze».
Nei briefing del mattino a Berlino con i suoi collaboratori l’atmosfera attorno a Netanyahu era pesante e ciò spiega perché il premier nel bilaterale con il Segretario di Stato John Kerry abbia scelto un basso profilo. Anche nelle dichiarazioni alla stampa, ha rimproverato al presidente palestinese Abu Mazen di «dire bugie che innescano le violenze» ma senza ripetere gli aspri attacchi precedenti. In tale cornice, Kerry si dice «cautamente ottimista» sulla possibilità di «smorzare le tensioni e individuare una via d’uscita» dall’«Intifada dei coltelli».
Il nodo dei luoghi santi
Il portavoce del Dipartimento di Stato, John Kirby, definisce «approfondito e costruttivo» l’incontro fra Kerry e Netanyahu perché sono stati esaminati nel concreto possibili passi avanti per «rafforzare e migliorare» lo status quo del luogo santo di Gerusalemme che i musulmani chiamano «Haram el-Sharif» - conosciuto come Spianata delle moschee - e gli ebrei Monte del Tempio. «Kerry e Netanyahu hanno discusso misure che Israele potrebbe adottare per mantenere lo status quo che gli consente di gestire la sicurezza ma include la proibizione delle preghiere di non musulmani» afferma una nota. Di queste «misure» parlerà Kerry domani ad Amman con il re giordano Abdallah ed Abu Mazen - anch’egli indebolito dall’errore di aver accusato Israele di aver ucciso un bambino palestinese ancora vivo - per arrivare a una «posizione comune sullo status quo» al fine di innescare una nuova dinamica regionale.