l Sole Domenica 25.10.15
Donne e istituzioni
La politica in Italia? Storia maschilista
di Eliana Di Caro
Mercoledì scorso è apparsa sul «Mattinale», giornale di Forza Italia alla Camera, una vignetta dedicata al ministro delle Riforme, Maria Elena Boschi, strenua sostenitrice della legge sulle unioni civili: sopra due gambe nude languidamente accavallate e una mano invitante, campeggia la scritta «Chi vuole fare un’unione civile con me?». Una satira sottile di cui probabilmente non avremmo avuto il piacere se a battezzare il provvedimento fosse stato un uomo. Questa chicca non ha fatto in tempo a rientrare nel documentato e meritorio Stai zitta e va’ in cucina , scritto da Filippo Maria Battaglia e appena pubblicato da Bollati Boringhieri.
L’autore, classe 1984, ha spulciato atti parlamentari e volumi fuori catalogo, recuperato dichiarazioni e testimonianze significative offrendo il quadro desolante che tutti in parte conosciamo: l’Italia è tra i Paesi più maschilisti al mondo per quel che riguarda la politica e le istituzioni. Il libro ha un duplice vantaggio: il respiro storico (visto che l’indagine parte dal diritto di voto tanto faticosamente conquistato e finisce con la suburra dei nostri giorni) e la trasversalità dei colori politici e dunque delle responsabilità.
Prima di arrivare agli insulti beceri, all’arroganza e al disprezzo cui la cronaca degli ultimi anni ci ha abituato – dalle battute di Silvio Berlusconi alle sortite di esponenti della Lega Nord e dell’allora An - vengono tratteggiati certo paternalismo e familismo di stampo democristiano (uno per tutti Giorgio La Pira, secondo cui la donna è, sopra ogni cosa, la regina del “focolare”) ma anche il conservatorismo e la miopia delle formazioni politiche progressiste. Alle donne è stato precluso l’accesso alla magistratura fino al ’63, e leggere per esempio le ragioni fornite nel ’47 dal costituente socialista Giovanni Persico a sostegno del divieto è sconcertante: «La donna magistrato non può esserci in base a quanto ha scritto magistralmente Shakespeare», il quale nel Mercante di Venezia «ha fatto giudicare Porzia, e Porzia ha giudicato male, con una trovata veramente femminile, contra legem ». La deduzione è lampante, per il deputato: il più grande scrittore inglese ha «pensato con questo esempio di dimostrare come la donna non sia la più indicata per pronunciare sentenze». Ecco, di citazioni del genere il libro abbonda, a partire dall’incipit , l’esternazione del presidente del Consiglio e leader del Partito d’Azione Ferruccio Parri, a commento del diritto di voto appena esteso all’altra metà del cielo, nel ’45: «Per sbagliare bastiamo noi. E sarebbe eccessivo che vi aggiungeste voi altre». Colpiscono le contraddizioni interne al Pci, che da un lato si batte per migliorare la condizione della donna, dall’altro si rivela arretrato e chiuso, in barba ai conclamati principi di uguaglianza. Sono indicative le storie personali di Nilde Iotti, «considerata l’amante del capo» e guardata con sospetto nel partito, o quella di Teresa Noce, politicamente fatta fuori dai vertici per aver osato mettersi contro il marito Luigi Longo, il quale aveva fatto annullare il matrimonio a sua insaputa.
Dopo una ricognizione finale sul peso dell’estetica in tempi recenti (come dimenticare il berlusconiano «culona inchiavabile» riferito ad Angela Merkel, «orango» indirizzato da Roberto Calderoli a Cécile Kyenge, o Rosy Bindi che «non è neppure una donna» per Francesco Storace eccetera), il libro si conclude con i dati del World economic forum che impietosamente colloca l’Italia al 37° posto nella classifica sulla parità di genere in politica, dietro Bangladesh, Mozambico, Bulgaria e Costarica.
Qualche segnale positivo c’è se si guarda agli ultimi governi: quelli guidati da Enrico Letta e Matteo Renzi registrano le percentuali più alte di donne (con il 31,82% e 47,06 per cento). Ma tra i dicasteri più pesanti, con «portafogli», la percentuale di ministre nell’Esecutivo Renzi precipita dal 50% al 35,7 per cento. E nella politica a livello locale torna il buio: secondo i dati Ocse, a fine 2014 le sindache erano 789 contro 7.238 colleghi uomini. Nei consigli regionali solo 146 le donne elette su oltre 1.065 posti. “Abbastanza” per concludere che «sull’accesso alle istituzioni e alla rappresentanza» l’Italia resta indietro.
Filippo Maria Battaglia, Stai zitta e va’ in cucina. Breve storia del maschilismo in politica da Togliatti a Grillo , Bollati Boringhieri, Torino, pagg. 116, € 10,00