Il Sole 20.10.15
Il soccorso che adesso serve alla Merkel
di Carlo Bastasin
Per la prima volta da dieci anni, la cancelliera Merkel sembra aver esaurito le risorse fisiche e mentali. È in difficoltà in Germania, dove la sua coraggiosa iniziativa a favore degli immigrati siriani ha suscitato vive resistenze politiche, ma lo è anche in Europa. Nei sondaggi il suo partito (Cdu) perde consensi a favore della destra xenofoba (AfD). Wolfgang Schäuble sta cercando di limitare i danni e secondo la stampa avrebbe addirittura discusso con i partner della coalizione l’ipotesi di assumere personalmente la guida del governo nel caso in cui la posizione della cancelliera diventi insostenibile. Si tratta di un’ipotesi molto remota. La cancelliera continua ad avere un alto livello di gradimento tra gli elettori e, nonostante alcune rilevazioni indichino delle crepe, nel suo partito non esistono figure altrettanto popolari e rassicuranti. Ma nel marzo prossimo si terranno difficili elezioni regionali nel Baden-Württemberg e in Renania. In Sassonia xenofobi e neo-nazi possono arrivare al 20%.
In altre circostanze è già successo che Merkel superasse una generale insofferenza nel suo partito, le era sufficiente mantenersi immobile in un contesto europeo instabile per incarnare la solidità del Paese. Nei prossimi mesi invece Merkel sarà realmente messa alla prova. È una specie di autunno delle verità: non potrà più governare il Paese restando semplicemente nella scia delle riforme dei suoi predecessori, né potrà imporsi in Europa dal piedistallo di un’economia più forte di quella dei partner. L’economia tedesca infatti risente delle debolezze del modello mercantilista, centrato sull’export e sull’accumulo di surplus commerciali da reinvestire in attività estere a rendimento finanziario più alto di quelle domestiche.
La crescita potenziale dell’economia varia tra l’1 e l’1,5%. Il fatto che la crescita fosse anche doppia nel periodo 2005-2015 è dovuto alla speciale circostanza di un Paese che avendo accumulato risparmio attraverso i surplus commerciali e l’equilibrio di bilancio pubblico ha potuto investirlo in attività estere ad alto rendimento.
Continua da pagina 1 Ora il commercio estero sta rallentando, i paesi emergenti stanno modificando la struttura delle importazioni e soprattutto i tassi di interesse sono stati azzerati in gran parte del mondo. Una crescita “normale”, attorno all'1%, toglierebbe alla Germania il ruolo di locomotiva del continente e di punto di riferimento del modello economico e sociale. L’esemplarità del modello tedesco è purtroppo pregiudicata dallo scandalo Volkswagen. La posizione morale e politica di Berlino nella governance economico finanziaria europea risulta indebolita e questo si riflette sul ruolo politico della cancelliera. Difficilmente Merkel potrà ancora identificarsi di fronte ai suoi elettori come la leader incontrastata dell’euro-area, bastione di stabilità e prosperità.
Si dice che la personalità dei leader politici si riveli solo quando fanno scelte impreviste. La leadership europea della cancelliera entra in crisi proprio quando Merkel ha smesso di orientarla al solo interesse nazionale. Lo ha fatto però dimostrando ancora di non capire l’interdipendenza politica europea. Dopo la generosa apertura di Merkel ai profughi siriani, il Consiglio Ue ha deciso a maggioranza di ricollocare 120mila profughi in base a uno schema che vincola tutti i paesi, nonostante l’opposizione di Ungheria, Romania, Repubblica Ceca e Slovacchia. È la prima volta che una questione tanto importante non viene risolta in modo consensuale piegandosi alla ricerca di un minimo comune denominatore. Per Berlino si è trattato tuttavia di rompere l’intesa con paesi dell’Est Europa a cui si devono aggiungere Polonia e Gran Bretagna. Molti di questi paesi, pur fuori dall’euro, hanno fornito a Merkel un appoggio nella linea di politica fiscale basata su regole fisse e non su scelte politiche discrezionali e sono allineati nel difendere le prerogative sovrane delle politiche nazionali.
Per la prima volta nel caso degli immigrati, la Germania ha dovuto invece non solo chiedere aiuto agli altri paesi, ma riconoscere che le regole giuridiche in vigore, il Trattato di Dublino, non erano più adeguate. L’antagonista di Merkel, il bavarese Horst Seehofer, ha parlato di «capitolazione dello stato di diritto di fronte alla realtà». Per Merkel la realtà è stata sempre la direttrice lungo la quale si costruiva la politica, ma è la prima volta che non lo può fare dietro l’abito giuridico.
Si tratta di un cambiamento sostanziale nel funzionamento dell’Europa. Un cambiamento positivo perché reintroduce non tanto discrezionalità, quanto responsabilità politica nelle scelte di una comunità di paesi interdipendenti in condizioni di eccezionale gravità. Ma l’ultimo vertice di Bruxelles sull’immigrazione, sostanzialmente andato a vuoto, ha dimostrato quale impasse decisionale caratterizzi l’Unione europea quando la posizione tedesca non si identifica con il minimo comune denominatore. Proprio il vertice Ue di giovedì ha fatto rinviato di altri mesi la prevista discussione sul futuro governo dell’euro-area. Per Francia e Italia che da tempo invocano un metodo più democratico di governo dell’Europa, si tratta di comprendere la speciale situazione del partner più forte e al tempo stesso più debole. Per la cancelliera è sconveniente abbandonare le regole e aggrapparsi alla scelta politica proprio nel momento in cui la propria leadership è più debole politicamente. Francia e Italia, che per ora si stanno solo preoccupando di sfruttare la debolezza del guardiano, stiracchiando le regole del patto di stabilità, dovrebbero invece offrire subito un progetto istituzionale che concili regole e scelta politica.