venerdì 23 ottobre 2015

il manifesto 23.10.15
Quattro paesi alle urne
America latina. Argentina, Guatemala, Colombia e Haiti al voto domenica
di Geraldina Colotti


Urne calde nelle Americhe: perché i quattro paesi che vanno al voto domenica – Argentina, Guatemala, Colombia e Haiti – riflettono e proiettano scenari globali, la cifra dell’azzardo e quella del possibile.
Secondo i dati dell’Onu, le politiche sociali portate avanti dai governi progressisti o socialisti eletti a partire dal ’98, hanno abbassato l’indice di povertà dell’America latina e dei Caraibi. Nell’ultima decade, 51 milioni di latinoamericani sono entrati a far parte della “classe media”. Questo non vale per Haiti, ancora in pieno disastro: esposto sia alle catastrofi naturali e alle conseguenti crisi alimentari (una situazione simile si riscontra in Centroamerica), sia agli appetiti internazionali.
Per un insieme di 18 paesi in cui si concentra il 90% della popolazione complessiva dell’America latina e dei Caraibi (tra i quali Venezuela e Bolivia), già tra il 2000 e il 2012 la povertà è scesa di oltre 16,4 punti percentuali, con l’eccezione della Repubblica dominicana, dove la classe media è diminuita di quasi quattro punti e sono aumentate sia la povertà che la vulnerabilità. Progressi possibili grazie all’avanzata de los de abajo (quelli che stanno in basso) e all’arretramento de los de arriba (quelli che stanno in alto), per riprendere un’espressione frequentata in America latina. Il Latinoamerica è diventato, nelle sue punte più avanzate, il continente della democrazia partecipata e del “potere popolare”, e ha spogliato le tornate elettorali del carattere di mera ritualità. E così, anche se nei parlamenti a composizione più moderata pesa il ricatto dei grandi interessi, anche la voce della piazza conta. La presenza dei movimenti popolari, eredi delle spinte “altermondialiste” contro il neoliberismo degli anni ’90, è ormai una costante in tutti i grandi vertici e gli appuntamenti internazionali.
La richiesta di un’assemblea costituente, sul modello di quelle che hanno cambiato il volto del Venezuela, dell’Ecuador e della Bolivia, preme sulle scadenze elettorali di quei paesi che, come la Colombia e il Guatemala, vivono momenti di passaggio determinanti e in cui i movimenti spingono per cambiamenti strutturali.
Ma sono circa 216 milioni i latinoamericani che si trovano in situazione di vulnerabilità e potrebbero tornare in povertà. Laddove non vi sono governi progressisti, su quasi 600 milioni di abitanti, 73 milioni vivono in povertà estrema. Su chi peseranno ora i costi dell’annunciata diminuzione della crescita economica?
Le forze conservatrici premono per scardinare i governi in due paesi chiave: il Brasile, determinante anche per l’economia argentina, e il Venezuela, grande riserva petrolifera, al centro delle nuove relazioni solidali con l’America latina e i Caraibi. Il Fondo Monetario internazionale sta già cercando di pattuire il costo della pelle dell’orso prima di averlo ammazzato: in Venezuela con l’imprenditore miliardario Lorenzo Mendoza, in Brasile incitando i suoi mastini fuori e dentro gli alleati del Pt, in Argentina tirando pesantemente per la giacca l’imprenditore kirchnerista Scioli. E lui lancia messaggi ai “mercati” circa un cambiamento della politica economica gradito ai poteri forti.
Il peso dell’Argentina all’epoca di Nestor Kirchner fu determinante nell’affossare l’Accordo di libero commercio per le Americhe (Alca) proposto nel 2004 dagli Usa. E nacque l’Alleanza bolivariana per i popoli della nostra America (Alba), ideata da Cuba e Venezuela. Ma ora gli Usa hanno realizzato lo storico Trattato di libero scambio trans-Pacifico, il Tpp: nuovamente all’insegna del neoliberismo e della presenza militare. Dove starà il nuovo presidente dell’Argentina? Anche il probabile post-conflitto in Colombia costituisce una torta appetibile in cui già si evidenziano gli scontri di interessi e aumentano le pressioni contrarie dei sempiterni nemici della pace come Alvaro Uribe.
E intanto, mentre le piazze premono per imporre svolte sostanziali, gli Usa provano a disinnescare la polveriera centroamericana, suggerendo un cavallo vincente più moderno e appetibile.