Il Fatto 12.10.15
Massimo Cacciari
“Attorno a Matteo solo un corteo senza cultura”
Il Pd è ormai ridotto a un deserto: tanto potere che nessuno sa gestire
Ha dato alla Boschi, poco più che trentenne, il compito di riformare la Costituzione
intervista di Antonello Caporale
Aiuto! Al Pd sono spariti i candidati. Affogati nel ragù renziano, invisibili, declinanti prima ancora di aver tentato il decollo. Il giovanissimo e atletico centrosinistra di Matteo annaspa ovunque in Italia. Non parliamo del centrodestra. Dei cinquestelle vale la regola della tripla al totocalcio: possono fare eleggere una nuova classe dirigente ma anche disperderla nella curva da ultras della rete.
Massimo Cacciari Il Pd governa in un deserto. Ha così tanto potere e così poca gente che nelle città lo sappia gestire.
C’è Renzi e basta. La sua vittoria non si innesta in alcun pensiero forte, tiene il comando in questo presente alla guida di un corteo composto da amici, parenti, affini, qualcuno incontrato per caso in piazza. I ministri, nel senso etimologico della parola, gli portano la minestra. Ha dato alla Boschi, poco più che trentenne, il compito di riformare la Costituzione, sarò misericordioso.
Eppure nel dopo Tangentopoli, quando l'Italia fu svuotata dalla sua classe dirigente e onnipotente, nacque la stagione dei sindaci. A decine erano, e bravi, efficienti.
Dimentica che quella stagione fu promossa da una piccola grande rivoluzione: l'elezione diretta. Quel meccanismo fu una fionda, liberò energie, attrezzò nuove campagne e-
lettorali, stimolò tanta gente a partecipare.
Quando ci siamo dati la zappa sui piedi?
Quando abbiamo ucciso il federalismo che avrebbe dovuto completare la riforma istituzionale. Trasformare le regioni in enti federati ed efficienti, smontare la burocrazia, la rendita parassitaria.
E la Lega di Bossi?
Ma per favore! La Lega è stata la tomba del federalismo. Volevano la secessione e null'altro. Bossi è stato una disgrazia.
Adesso non c'è più niente da fare.
Adesso si trasforma il Senato
invece di abbatterlo, chiuderlo, azzerarlo. Col risultato che tutto sarà uguale a prima.
E manca un partito che sia uno.
Renzi vince perchè rappresenta una novitas. C'era Bersani e quel mondo lì, assolutamente indigeribile. Però rischia molto. A Milano lo sa solo Allah come andrà a finire, Roma è tra le macerie, Napoli non pervenuta. Vogliamo parlare di Torino, di quel che c'è a Bologna, di come si è ridotta l'Umbria?
Zero carbonella.
Parliamoci chiaro. Quelli della prima Repubblica saranno stati anche fetenti, ma erano colti, leggevano libri. Ho conosciuto Chiaromonte, Amendola, Moro. Ricordo che con Fanfani si parlava di Max Weber e della scienza amministrativa.
Questi qua hanno avuto la play station.
Non c'è passione, manca la cultura, la competenza. Il premier è autocentrato, ha tanta cura per sé e un corteo che lo segue. Spero vivamente che quel corteo possa trasformarsi in qualcosa di meglio. Ma la vedo dura.
A Napoli è rispuntato Antonio Bassolino.
Qui c'entra la psicologia. Mi spiace per lui, perchè dimostra di essere un tossicodipendente della politica e purtroppo è una condizione che appartiene a molti. Ma il fatto che sia rispuntato denuncia la desolazione, il nulla intorno. Se uno come Renzi deve accomodarsi sulle gambe di Vincenzo De Luca per vincere la Campania...
Il centrodestra invece?
Fin quando avrà tra i piedi Silvio Berlusconi (un altro tossicodipendente della politica) sbatterà il muso contro il muro.
Resta il movimento dei cinquestelle
Sta assumendo un rilievo meno ambiguo, riesce a portare in televisione gente che è pure capace di raccontare qualcosa. Si avvia a prefigurare per sé funzioni di governo. Ha molte possibilità di fare bene, e molte altre di fare male.
E la velocità di questo nuovo tempo non è una qualità finora vilipesa?
Vero. Ma velocità e talento da soli non bastano. Il talento ha bisogno di una squadra, di una struttura che organizzi e spinga in avanti. Di un altro nome forte, almeno uno, che nasca in periferia.
Lei crede che Renzi sia interessato a promuovere leadership alternative alla sua?
Anzitutto non è detto che debbano essere alternative o concorrenti. E comunque deve correre il rischio. Non sa chi mettere a Roma, chi mettere a Milano. A Torino c'è Chiamparino, uomo dei miei tempi, a Palermo ancora resiste Orlando, a Catania Enzo Bianco. Capisce il baratro che gli sta davanti?
S'era detto che avrebbe liberato energie.
Sì, s'era detto.