Corriere La Lettura 25.10.15
Fratello di Gesù e rivale di Paolo Giacomo sottratto al velo dell’oblio
Claudio Gianotto ha rivisitato una delle questioni più delicate e affascinanti delle origini cristiane: nel libro Giacomo, fratello di Gesù (il Mulino) spiega infatti la sua funzione e l’oblio che circonda presto quest’uomo detto «il giusto», antagonista di Paolo nel compromesso di Gerusalemme descritto in Atti 15 , distinto e superiore ai dodici, indicato come «vescovo» di Gerusalemme per investitura del Risorto.
I Vangeli rimasti fuori dal canone spiegano lo scontro Paolo-Giacomo con narrazioni supplementari: come quella per cui Giacomo stava per convertire i sacerdoti del tempio al termine di una lunga disputa teologica, ma viene impedito dall’irrompere di un fanatico, nella cui figura è facile identificare Paolo, che lo scaraventa dalle scale e lo crede morto; o i racconti di un martirio ad opera dei Sadducei, che lo fanno precipitare dal pinnacolo dove era stato condotto perché fermasse le conversioni al messianismo del Nazareno che invece non smette di predicare il Signore.
Spie di un scontro che vede da un lato un modello «dinastico» del gruppo di Gesù, in cui suo fratello (nel senso clanico, non in quello della prurigine post-moderna) emerge, dall’altro il modello «pneumatico» che affida al soffio dello Spirito l’andata al battesimo dei pagani. Giacomo scompare così: ci resta una lettera che non è di sua mano, ma che anni fa Marco Cassuto Morselli e Gabriella Maestri tradussero nel linguaggio dell’ebraismo del I secolo ( Lettera di Giacomo alle Dodici Tribù nella diaspora , Marietti, 2011), restituendo il sapore di un giudeo-cristianesimo insieme al quale sparirono antidoti di cui, col senno di poi, il cristianesimo avrebbe avuto bisogno.