Corriere 8.10.15
Keynes interroga l’Europa
Il libro di Giorgio La Malfa
di Sergio Bocconi
Prima della Grande crisi che ha sconvolto il mondo partendo dai mutui americani, la distinzione fra destra e sinistra in politica e nell’impegno di governo sembrava essersi attenuata, quasi scomparsa in un unico, pressoché indistinto, amalgama liberista.
Poi tutto è cambiato: le banche sono crollate, le economie si sono fermate, e sono esplose disoccupazione e diseguaglianze. Il crac globale ha diffuso il panico, incrinato certezze e riproposto il tema: in politica e soprattutto in economia cosa distingue, se ha senso farlo, la destra dalla sinistra? Secondo Giorgio La Malfa, politico, economista, ex ministro ed ex segretario del Partito repubblicano, l’interrogativo è più che mai «carico» di senso e ha una risposta: lo spartiacque che separa destra e sinistra oggi in Europa è l’adesione alle politiche keynesiane, cioè all’organico complesso di proposte programmatiche di intervento dello Stato nell’economia e nella società. E per questa ragione il suo libro John Maynard Keynes (Feltrinelli, pagine 124, e 11) è nei fatti non (o meglio: non solo) un testo divulgativo sul pensiero del grande economista, come il titolo (inserito nella collana di monografie «Eredi») potrebbe far pensare, bensì è essenzialmente un saggio di politica.
Sì perché la riflessione di fondo, che parte da una «scelta di campo» a favore dell’autore della Teoria generale e dalla considerazione-appello che va sconfitto il tentativo di liquidare Keynes, è che «60-70 anni di battaglie fra economisti “classici” e “keynesiani” non hanno fornito una risposta univoca al quesito se un sistema di mercato» vada lasciato a se stesso perché ritorni in equilibrio o «se invece sia auspicabile un intervento cosciente della mano collettiva. E dunque? La scelta fra attivismo nella politica economica e inerzia è di carattere politico». Ed è in questa scelta che, «venuta meno l’alternativa radicale fra capitalismo e socialismo», va posto il discrimine fra destra e sinistra. Oggi in Europa la destra «ha dalla sua parte la lettera dei trattati europei, soprattutto Maastricht, e la filosofia che impronta l’operato delle istituzioni, dalla Commissione alla Bce. La sinistra ha dalla sua l’evidenza della scarsa crescita dell’area euro, l’elevatissima disoccupazione, le ineguaglianze sociali sempre più accentuate, e ha quindi titolo per ingaggiare una battaglia volta a cambiare leggi e filosofia delle istituzioni europee forte delle politiche keynesiane».
Il capitalismo ha vinto la sfida: è sopravvissuto e ha portato anche alla scomparsa dell’idea che possa esistere un sistema alternativo. Però è cambiato: non è più il sistema economico idealizzato dai sostenitori del laissez-faire . E alla sua «umanizzazione» ha contribuito Keynes che, qui La Malfa cita Franco Modigliani, ha lasciato con la Teoria generale un messaggio fondamentale: un’economia di mercato ha bisogno di essere stabilizzata, può e deve essere stabilizzata usando appropriate politiche monetarie e fiscali». Il capitalismo che ha vinto però, lo ha dimostrato la Grande Crisi, ha perso la spinta alla correzione delle diseguaglianze che proveniva anche dalla necessità di far fronte alla «concorrenza» di un sistema alternativo che non esiste più. E ciò rende ancora più sensibile lo spartiacque fra destra e sinistra. Ma se, come ha scritto Keynes, il problema politico dell’umanità è combinare «efficienza economica, giustizia sociale e liberta individuale», e spetta all’azione collettiva, in sé «di sinistra», contemperare (anche con qualche sacrificio) queste esigenze, resta forse un interrogativo che sfiora la provocazione e che l’autore non affronta: la Cina è di destra o di sinistra?