giovedì 8 ottobre 2015

Corriere 8.10.15
Inside Out. Abbiamo perso la ragione? /1
Vittorio Gallese, neuroscienziato
«L’emozione domina fino ai venti anni»
intervista di Elvira Serra


«Ho visto Inside Out con tutta la famiglia: mia moglie Alessandra e i nostri figli Lorenzo e Lea, di 8 e 11 anni. In modi diversi, è piaciuto a tutti».
A lei perché?
«Ha saputo cogliere una sollecitazione emersa negli ultimi venti anni dalle neuroscienze e dalla psicologia che dà una decisiva rivalutazione delle emozioni, come ingrediente ineludibile per spiegare la nostra vita cognitiva».
Vittorio Gallese è docente di Neurofisiologia all’Università di Parma. Fa parte del gruppo di scienziati che ha scoperto l’esistenza dei neuroni specchio e nel 2007 ha vinto, con Giacomo Rizzolatti e Leonardo Fogassi, il Grawemeyer Award, prestigioso riconoscimento per chi lascia un’impronta nel mondo della Psicologia.
Non trova che il film della Pixar, come ha scritto qualche giorno fa sul «Corriere» Antonio Polito, si dimentichi di ragione e libero arbitrio?
«Il film è un’opera di intrattenimento e non una lezione sulle neuroscienze delle emozioni. E comunque noi sappiamo che la maturazione completa del cervello, soprattutto nelle parti in cui hanno sede i processi razionali, come i lobi prefrontali, avviene intorno ai 20 anni. È naturale che una preadolescente sia più spinta a scegliere i suoi comportamenti in base alle sollecitazioni delle emozioni, e non dopo una computazione precisa dei rischi e dei benefici».
Chi è lo studioso verso il quale «Inside Out» è più debitore?
«António Damásio, tra i nostri colleghi, è quello che ha contribuito in misura maggiore a far arrivare a un pubblico vasto il ruolo delle emozioni nei nostri processi decisionali. Ma bisogna ricordare anche Jaak Panksepp, Joseph LeDoux, Paul Ekman».
Qual è la loro conclusione?
«Se noi “divorziamo” la razionalità da quello che ci suggeriscono le emozioni, le nostre azioni diventano del tutto irrazionali. Le emozioni danno un contributo fondamentale a farci comportare in modo adattativo al mondo sociale. In questo, L’errore di Cartesio di Damásio è rivelatore».
Quale scena del film le è piaciuta di più?
«Ah, beh, quella del confronto delle emozioni tra gli adulti è una delle più spassose, quando compare il marito brasiliano, l’incubo di noi tutti!», ride. «Ma, scherzi a parte, è interessante come viene mostrato il processo di riconsolidamento della memoria, che è dinamico: non appena Tristezza tocca le biglie dei ricordi, queste cambiano colore».
Non trova straordinaria la rivalutazione della Tristezza?
«Certo e non solo lei, pensiamo anche alla Rabbia. Oggi uno dei problemi di giovani e adolescenti non è vincere le emozioni, retaggio di una vecchia idea che le opponeva alla razionalità, ma viverle in modo appropriato e riconoscerle negli altri. Siamo abituati a distinguerle in positive e negative, ma ci servono tutti i colori della tavolozza emotiva».