mercoledì 7 ottobre 2015

Corriere 7.10.15
Senato
Le opposizioni accusano Grasso per nascondere la sconfitta
Si va verso un sì alla riforma con un metodo che crea un precedente controverso
di Massimo Franco


Il Pd continua a votare con una certa compattezza. E per quanto debba registrare il supporto dei transfughi berlusconiani di Denis Verdini, può rivendicare di avere ancora la propria maggioranza. Per questo, le richieste delle opposizioni al Quirinale perché chiami Matteo Renzi a rapporto, per il momento appaiono senza fondamento. Se di colpo la minoranza dei democratici decidesse di non appoggiare più la riforma costituzionale, allora Verdini diventerebbe indispensabile; e quello che per ora è un malessere represso della sinistra, potrebbe esplodere. Ma gli avversari di Renzi appaiono sfiduciati; e le opposizioni si rendono conto di essere nell’angolo. L’approdo nell’orbita del premier della pattuglia di ex FI dilata i confini potenziali della maggioranza. E rende marginali e dunque più docili quanti hanno sperato fino all’ultimo di piegare Palazzo Chigi alla trattativa sull’elezione diretta dei senatori. La minaccia si è rivelata inutile. Sotto voce, c’è chi sostiene che il mondo anche economico collegato col Pd ha fatto capire di non gradire una crisi e una rottura con Renzi. Vero o no, la minoranza si è allineata. Anche perché l’irruzione di Verdini rende le manovre di disturbo più difficili. L’impressione è che la filiera antigovernativa del Pd si senta sconfitta e ancora più debole di quanto non si veda. «Verdini», sostiene Gaetano Quagliariello, coordinatore di un Nuovo centrodestra in profonda crisi di identità, «non vuole creare un partito ma una lobby di moderati che sostenga Renzi». Lui smentisce a metà. Dice di voler rimanere all’opposizione facendo presente però che la sinistra «non ha la maggioranza»; e dunque potendo un’ipoteca sulla riforma. Intanto ammette che il presidente del consiglio «è molto preparato, simpatico, empatico. Ha le caratteristiche che hanno i leader, e guardiamo a lui con attenzione». Sono aperture che ad un certo Pd fanno venire i brividi. Eppure, i Dem sono costretti a rassegnarsi a sostenere l’esecutivo per dimostrare che i voti verdiniani non sono necessari. È una trappola dalla quale ogni tanto qualche esponente della minoranza cerca di uscire criticando Palazzo Chigi. Senza tuttavia riuscire a cambiare le cose. Diventa dunque sempre più probabile l’approvazione di una nuova legge sul Senato nella quale le richieste delle opposizioni saranno ignorate; e Renzi incasserà il «sì» nei tempi previsti. FI e Lega lamentano che non ci sia stata «nessuna apertura del governo». E rivolgono un appello affinché «non si infanghi la dignità del Parlamento». Nelle ultime ore, insieme col Movimento 5 stelle si è intensificata l’offensiva contro il presidente Pietro Grasso, accusato di seguire troppo le condizioni dettate dal Pd.
In realtà, attaccare il presidente del Senato sembra piuttosto un modo per nascondere la propria debolezza; e per scaricare sulla seconda carica dello Stato la responsabilità della sconfitta che si va delineando. L’ironia amara di Pier Ferdinando Casini prelude ad un esito scontato. «Devo andare a votare il mio suicidio. Siamo i primi al mondo a votare per la nostra abolizione come senatori», ha detto lasciando il Forum Italia-America Latina. Negli scrutini segreti la maggioranza oscilla tra i 150 ed i 160 voti. Pochi, ma lo scarto rispetto agli avversari rimane di una ventina. Troppi, per bloccare la riforma: anche se il metodo sbrigativo del governo crea un precedente discutibile.