martedì 6 ottobre 2015

Corriere 6.10.15
Grecia e Portogallo
lo slancio perduto dei partiti anti rigore e dei nemici del sistema. Cambio di stagione Dai Paesi finiti sotto tutela della Troika che hanno chiesto un prestito per salvarsi arriva un messaggio al resto dell’area euro: è stata dura ma volevamo restare in questo club
di Federico Fubini



S embra che fra i grandi investitori presenti in Spagna si sia radicata l’abitudine di aggiungere ai contratti una clausola speciale. Riguarda l’ipotesi di un ingresso di Podemos al governo dopo le elezioni di dicembre prossimo: se succede, i fondi-avvoltoio che adesso comprano condomini iberici a prezzi di saldo chiedono di poter rompere gli accordi. L’esperienza della Grecia di Syriza nella prima parte dell’anno è bastata: nessuno vuole restare intrappolato in un Paese dove comanda una forza anti-sistema.
Non è chiaro quanto sia diffusa questa clausola. Ciò che appare evidente però è che alla fine potrebbe rivelarsi superflua, perché il vento è cambiato. Le nuove forze politiche che mettono in discussione l’euro e le sue regole sui conti pubblici non hanno più il vento in poppa. Lo avevano qualche mese fa, adesso no. Dalla Spagna, dal Portogallo e dagli altri Paesi finiti sotto la tutela della Troika, quelli che fra il 2010 e il 2012 hanno chiesto un prestito internazionale per salvarsi, arriva un nuovo messaggio al resto dell’area euro: è stata dura, ma volevamo restare in questo club.
Podemos in Spagna è ancora forte, al 15,9% nella media degli ultimi sondaggi, eppure viaggia undici punti sotto ai massimi di otto mesi fa e non compete più per il primo posto. Corre per non arrivare quarto, incalzato dai liberali di Ciudadanos e staccato dai conservatori al governo così come dai socialisti.
Anche il voto in Portogallo di domenica scorsa conferma che qualcosa sta cambiando. Fino alla primavera sembrava che i conservatori del premier Pedro Passos Coelho non avessero chance, dopo quattro anni di austerità e disoccupazione. Domenica hanno rivinto. Passos Coelho ha meno voti rispetto al 2011 e dovrà allearsi con il centrosinistra. Ma resta al governo malgrado i sacrifici che ha imposto, incluso un taglio del 12% agli stipendi degli statali. L’equivalente lusitano di Podemos, il Blocco della Sinistra, non arriva all’11%. E i grandi perdenti sono i socialisti, che avevano impostato tutta la campagna elettorale contro l’austerità.
Quanto alla Grecia, la sostanza è sotto gli occhi di tutti: il mese scorso l’80% degli elettori ha votato per partiti che promettono di eseguire un programma europeo più duro di quello bocciato nel referendum di appena tre mesi fa. Una frangia più radicale che continua a opporsi al memorandum con Bruxelles si è staccata da Syriza, il partito del premier Alexis Tsipras. Ma Syriza ha incassato di nuovo la stessa percentuale di voti del gennaio scorso - con un programma opposto - mentre gli scissionisti non hanno strappato neanche un seggio in parlamento.
In Irlanda, il quarto Paese ad aver ospitato la Troika, si voterà in primavera. All’apice della crisi gli stipendi pubblici sono stati tagliati del 15%, la disoccupazione era al 15% (oggi è sotto al 10%), ma nettamente in testa ai sondaggi resta il premier uscente Enda Kenny: il conservatore che ha imposto quattro anni di sacrifici. Sinn Fein, il partito anti-sistema, per il momento non va oltre il terzo posto.
Wolfgang Schäuble prenderebbe un abbaglio se concludesse che l’intero arco di crisi dell’area euro si è convertito alla sua visione. In Europa non ha ancora vinto il rigore difeso dal ministro delle Finanze di Berlino: in questi giorni i leader impeccabilmente moderati di Italia, Francia e Spagna stanno mandando a Bruxelles leggi di bilancio che sfidano ancora una volta lo spirito e la lettera delle regole europee. E anche in Portogallo, Grecia o Irlanda Schäuble può contare su pochi amici sinceri.
Il ministro tedesco non ha vinto, eppure nella cosiddetta «periferia» dell’euro le forze a lui più ostili hanno iniziato a perdere. Ormai troppi fattori giocano contro di loro, non solo la ripresa partita due anni fa in Irlanda e da un anno e mezzo in Spagna e Portogallo. Gli elettori in Europa hanno visto come Tsipras in versione anti-sistema avesse cacciato la Grecia in un drammatico vicolo cieco: alla fine il premier di Atene ha dovuto imprimere un’improvvisa inversione di rotta per salvare il Paese, perché nessun altro piano era realmente praticabile.
C’è poi un altro dettaglio: l’argomento più ossessivo di Podemos, Syriza o degli anti-euro d’Italia è sempre stato che in Europa si soffoca, perché non si può creare moneta a volontà quando serve.
Da qualche mese però la Banca centrale europea ha iniziato a creare nuova moneta e a riversarla nell’economia in modo molto più poderoso, efficiente e privo di contraccolpi negativi di quanto potrebbe mai riuscire a un piccolo Paese «sovrano» in solitudine. Si è capito che l’euro serve anche a questo, e funziona meglio così.
Ora resta possibile che qualche investitore richiami la clausola di fuga dalla Spagna, perché Podemos può comunque arrivare al governo con i socialisti. Il suo modello resta Syriza: ma ormai sarà quello della seconda vita di Tsipras.