mercoledì 28 ottobre 2015

Corriere 28.10.15
Semplificare non aiuta la filosofia
di Pierluigi Panza


Come sta la filosofia in questi anni di crisi? È in crisi, e si è piegata a scorciatoie, mode e costruzioni di consenso. Si è piegata, insomma, a ciò che la filosofia non dovrebbe mai essere. È questa la diagnosi, condivisibile, espressa nell’ultimo libro del filosofo Elio Franzini (Filosofia della crisi , Guerini e Associati, pp. 190, e 17,50), quasi una «cartella clinica» che evidenzia molte opacità nel paziente analizzato.
Le crisi sorgono nel momento in cui un modello, prevalendo sugli altri, li prevarica e mira alla loro soppressione. È quanto sta avvenendo in Occidente con l’imporsi di un «pensiero unico», di un nuovo «totalitarismo» che premia un solo modello di sviluppo economico, sociale e post-culturale. Un modello — di cui la fascinazione per i social network e il globalismo sono la più estrinseca manifestazione — che ha ucciso la ricerca e la critica. È amaro constatare come l’Europa, passata da non dissimili abbagli nella prima parte del Novecento, non riesca a tenere viva una pluralità di punti di vista. C’è infatti un metodo che unisce tutte le ricette che si propongono per superare «la crisi»: quello della semplificazione.
Oggi, insiste Franzini, assistiamo a riflessioni autoreferenziali, caratterizzate dalla volontà, spesso narcisistica, di semplificare quel che è complesso e storicamente stratificato. Una tendenza che incarna un’esigenza sempre più forte di divulgazione, ma che sfiora la banalizzazione e l’eccitazione per il nuovo. Il «nuovismo» e la spettacolarizzazione a ogni costo sembrano gli unici strumenti che rendono «vendibile» e appetibile anche il pensiero. In questa fase, la filosofia dovrebbe invece riattivare un’interrogazione critica sugli strumenti del pensiero e non appiattirsi su «un riduzionismo fattualista». La strada è quella di riannodare il senso di un discorso esaminando le funzioni essenziali della filosofia: formare le idee, capire le cose, verificare la corrispondenza tra reale e razionale, dare un valore all’esperienza...
La radice di crisi, krino , ovvero separare (il grano dalle scorie), è la stessa che dà origine a krites , critica, giudicare. Pertanto è la critica che ci permetterà di superare la crisi. La tecnica, che si presenta come strumento di superamento della crisi, ne è invece parte integrante. Si tratta di ripartire dall’appendice alla Crisi delle scienze europee e la fenomenologia trascendentale (1937) di Edmund Husserl per riscoprire la relatività come base per superare l’obiettivismo, lo psicologismo e l’ingenuo positivismo e riscoprire che la filosofia è un cammino intersoggettivo razionale, un rischiaramento che avviene esercitando la funzione critica. «Nessuna linea conoscitiva, nessuna verità singola, dev’essere assolutizzata e isolata», scrive Husserl nella Crisi . È questo lo «stile» di vita della filosofia che la filosofia in tempo di crisi deve riscoprire.