Corriere 26.10.15
Il regista Zanussi: «Ma l’Ungheria non è un modello»
«Dov’è la solidarietà dei musulmani? È più naturale che i profughi li accolgano loro, no?»
intervista di Francesco Battistini
VARSAVIA Alla fine, ha vinto il modello Orbán... «Mah, non direi. Non è che Orbán piaccia così tanto ai polacchi. Conosco Kaczynski: è uomo abile e intelligente, anche se non ha grandi visioni del futuro. Io speravo fosse obbligato a fare una coalizione, che gli alleati potessero moderarne i toni. Ora deve dimostrare d’essere all’altezza».
Vuol fare di Varsavia un’altra Budapest...
«L’Ungheria non è un modello. Certo, anche Orbán esprime una vendetta contro il ruolo negativo della finanza: dopo la dominazione dei circoli militari e i suoi disastri, in Europa oggi abbiamo la dominazione dei banchieri coi suoi disastri. Gente egoista, irresponsabile: il disgusto dell’opinione pubblica si giustifica. Ma il nazionalismo di Orbán è un’altra cosa: dopo la Grande guerra l’Ungheria perse due terzi del territorio, con un’enorme diaspora e un sentimento d’ingiustizia storica. Non è il caso della Polonia».
Krzysztof Zanussi ha votato per chi ha perso: «Io sognavo un Parlamento equilibrato, ho paura dello strapotere d’un partito: la nostra democrazia è ancora troppo giovane. Kaczynski poi è molto collegato alla Chiesa polacca e questo è un pericolo, per la Chiesa soprattutto. Negli anni, abbiamo imparato che più i preti restano neutrali nelle battaglie politiche, più sono forti».
Però questa destra è antiabortista, contro la fecondazione in vitro, dicono che candidi le donne ma non ne rispetti i diritti.
«I diritti delle donne sono rispettati da tutti i partiti. E la fecondazione in vitro è una questione marginale. La cosa urgente è trovare un modus vivendi con la Polonia che la pensa diversamente».
E con l’Europa, con la Germania...
«La destra ha diritto d’essere scettica verso la burocrazia e la maggioranza europee. Questo non significa essere antieuropei. L’Ue ha commesso molti sbagli. Ma non vedo riaffiorare un sentimento antitedesco».
Ma perché i polacchi, unici europei a non aver vissuto la recessione, hanno voluto cambiare?
«Dopo tanti anni, si pensa sempre al cambiamento. Le racconto una storiella. C’è uno sceicco arabo nel suo harem, circondato da tante donne eppure molto triste. La più bella delle mogli gli chiede: hai tutto, perché sei infelice? E lui: perché vorrei un altro harem. Ecco, anch’io sono preoccupato per il futuro: quando l’economia va bene, spunta sempre il voto irresponsabile. Solo se le cose vanno male, la gente è attenta alle scelte».
Questa Polonia teme più l’Ue o Putin?
«La più grande paura è sempre la politica russa. Il suo espansionismo. La voglia di tornare all’impero sovietico. E anche la minaccia d’un crollo della Russia. Perché quel Paese non è stabile e qualsiasi terremoto politico, a Mosca, può essere molto pericoloso per noi».
I polacchi hanno punito il governo uscente anche per aver dato ragione alla Merkel sui rifugiati?
«Per noi, i siriani sono gli islamici: lontani dalla nostra cultura. Abbiamo passato 400 anni a combattere l’Islam, questo non si dimentica. La memoria storica è lunga».
Ma la Polonia era famosa per una parola: Solidarnosc, solidarietà...
«I valori di Solidarnosc ci sono ancora. Anche a destra. E poi la solidarietà va bene, ma stiamo aspettando ancora quella dei musulmani: è molto più naturale che i profughi siriani li accolgano i sauditi o gli Emirati, no?».
Papa Wojtyla, che si confrontò con le dittature comuniste, come affronterebbe oggi l’Islam jihadista?
«Il pericolo dell’Islam esisteva anche alla sua epoca. Lui vedeva che questo Islam espansionista apparteneva al Medioevo, anacronistico come lo stato d’animo dei cristiani di secoli fa. È un fanatismo che sottende una mancanza di vera fede. E di fede nel futuro».