Corriere 26.10.15
Orlandi sotto assedio: «Vogliono che lasci? Io resto al mio posto»
di Lorenzo Salvia
ROMA «Nel governo qualcuno vuole che io faccia un passo indietro, mi pare evidente. Ma sono tranquilla. E resto al mio posto». Chi ha parlato in queste ore con la direttrice dell’Agenzia delle Entrate, Rossella Orlandi, ha trovato una persona decisa. Magari non tranquilla, perché con tutto ciò che sta succedendo sarebbe difficile. Ma comunque determinata a resistere a quello che somiglia a un assedio.
Giovedì scorso la Orlandi ha deciso che la miglior difesa è l’attacco. Dal palco di un convegno della Cgil ha detto che l’Agenzia delle Entrate «rischia di morire». Parlava di problemi tecnici, della mancanza di un comparto specifico per la contrattazione. Ma intendeva molto di più: la fuga dei dirigenti degradati al rango di funzionari da una sentenza della Consulta, la mancanza di un gruppo di vertice che sia in grado di tenere in piedi la struttura. E soprattutto la sensazione che stia venendo meno una cosa non proprio secondaria: l’appoggio politico del governo. Il giorno dopo Enrico Zanetti, sottosegretario del ministero dell’Economia, ha invocato di fatto le sue dimissioni, dicendo che «si sentirebbe più tranquillo» se al posto della Orlandi «ci fosse qualcun altro». Parole che il governo ha lasciato andare così, senza correzioni e tanto meno smentite. E che Zanetti potrebbe tornare a formulare. Proprio per questo ieri la Orlandi ha chiesto precise rassicurazioni, sul suo ruolo e sulla sua autonomia, al ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan. Le ha ottenute dopo giorni di freddezza, diffidenza e sospetti reciproci. Dopo aver chiesto al governo di risolvere il problema dei dirigenti, con il vuoto che si è aperto per la sentenza della Consulta. E aver ottenuto come risposta solo l’invito a procedere con i concorsi. Il che vuol dire che il buco dei dirigenti sarà chiuso solo fra qualche mese e questo, secondo la Orlandi, metterebbe a rischio gli obiettivi dell’anno prossimo per il recupero dell’evasione. Padoan l’ha rassicurata, dunque. Ma il caso non è chiuso anche perché da Palazzo Chigi non sono arrivati segnali.
E ormai qualcosa sembra essersi rotto nel rapporto con il premier. Rossella Orlandi è stata nominata a giugno dell’anno scorso. Donna e toscana, sembrava quasi una scelta da «giglio magico». Anche se in realtà la Orlandi è cresciuta alla scuola di Vincenzo Visco, l’ex ministro del governo Prodi che ha voluto il sistema delle agenzie fiscali. Nulla di strano, in realtà. Perché in quel momento Renzi e Visco hanno un rapporto diretto, con tanto di scambio di sms, che nel codice renziano vuol dire far parte del giro. Poi il rapporto perde quota. Tutto comincia con il decreto approvato alla vigilia di Natale con la famosa questione del 3%, letta come un favore a Berlusconi. Al di sotto di quella percentuale, l’evasione non veniva considerata reato. Scoppia il caso. Anche la Orlandi manifesta la sua contrarietà in modo molto energico al governo, che alla fine fa marcia indietro. Ci saranno altri punti di attrito. Una dichiarazione precompilata più complessa del previsto, la questione del contante. Fino al grido di allarme sull’Agenzia che rischia di morire, lanciato dal palco della Cgil, con lo stesso Visco in platea. Renzi non deve aver gradito. E bisogna vedere se le rassicurazioni di Padoan basteranno.