giovedì 22 ottobre 2015

Corriere 22.10.15
Processo alla strega. Rischi e anacronismi
La richiesta alla Corte d’appello e l’idea di usare il diritto di allora
Se la ricondannassero?
Il paese trentino che vuole riabilitare una donna decapitata nel 1716 celebrando un vero dibattimento
di Paolo Di Stefano


La richiesta ufficiale è di riaprire un processo avvenuto non tre e neanche trent’anni fa, ma trecento. L’obiettivo è riabilitare a futura memoria la presunta strega Maria Bertoletti detta la Toldina.
La Bertoletti rimase vedova, senza figli, e si risposò con Andrea Toldini, un sagrestano della chiesa di san Martino di Pilcante, da cui non ebbe prole. Bastavano questi scarni elementi (secondo matrimonio e infecondità), nel Trentino del primo ‘700, per creare un clima di sospetto attorno a una donna non più giovane, forse già sulla sessantina. E infatti i sospetti arrivarono puntuali. Sospetti gravi, con accuse di numerosi delitti distribuiti nell’arco di 38 anni, da quando cioè era tredicenne: vari infanticidi a partire dal 1688, avvelenamenti, fatture e malefici multipli, isterilimenti di terreni, danneggiamenti di prodotti vinicoli. Con i suoi sortilegi avrebbe procurato, a familiari e ad estranei, un’idropisia, qualche tumore, un’infezione mammellare purulenta, un gozzo tiroideo, un aborto, sindromi ossessive, persino una ferita ai piedi. A ciò si aggiunsero le aggravanti di apostasia, eresia, idolatria, sacrilegio, adulterio, sodomia, e così la povera Toldina, nel 1715, finì incarcerata nel castello di Sabbionara d’Avio, poi fu trasferita nelle prigioni di Brentonico, infine processata non dal tribunale ecclesiastico (come avveniva nei territori soggetti all’Inquisizione romana), ma dal foro penale laico (secondo la costituzione carolina germanica). Magistrato il capitano Giovanni Luigi Sartori di Riva; difensore d’ufficio il notaio Giovanni Battista dal Pozzo di Ala. Il quale cercò di far valere l’insufficienza di prove e le ragioni naturali dei molteplici danni fisici che venivano addebitati alla Bertoletti, ma rimase inascoltato. La sentenza fu pronunciata il 10 marzo 1716: colpevole. La condanna, decapitazione e rogo, eseguita il 14 marzo a Brentonico.
Non è una leggenda e nemmeno un romanzo. È storia vera, ben documentata grazie allo storico Carlo Andrea Postinger, chiamato dal Comune di Brentonico a raccogliere le pezze d’appoggio archivistiche. Con lo scopo, appunto, di riaprire il processo nel terzo centenario dell’esecuzione. Perché la condanna, compiuta in un unico grado di giudizio, viene oggi ritenuta visibilmente sbagliata anche secondo le regole allora vigenti. Dunque, l’assessore alla Cultura Quinto Canali, volendo «ridare dignità etica, morale e civile alla condannata», ha sottoposto al Consiglio Comunale una delibera che chiede alla Corte d’Appello di Trento di istruire un collegio ad hoc per rivisitare la vicenda della Toldina. Risultato: 12 voti favorevoli, 3 astenuti e 3 contrari. Si attende risposta.
«Si tratta di capire — dice Canali — se per il diritto del tempo c’erano vie di scampo per la Bertoletti. Nel 1728 si svolse un processo di stregoneria analogo che si concluse con il carcere a vita dell’imputata». Dunque, va messo nel conto che riabilitare la Toldina, secondo parametri giudiziari più «equi», potrebbe anche comportare a una condanna postuma al carcere a vita? Forse. Fatto sta che il nuovo collegio giudicante, secondo i propositi del Comune di Brentonico, dovrebbe calarsi nel diritto dell’epoca ed emettere una nuova sentenza rispettando la Costituzione criminale Carolina emanata nel 1532 da Carlo V. Sempre ammesso (e non concesso) che la conosca, sarebbe un (improbabile) dibattimento in punta di storia del diritto. Il cruccio civile dell’assessore è in realtà più che giustificato: «Attorno alla figura della Bertoletti e in genere sui processi di stregoneria continuano a nascere discutibili spettacoli folcloristici estivi fatti apposta per i turisti, dove le tragedie storiche sono raccontate in modo approssimativo e spettacolare come fossero leggende. E anche a scuola le streghe del nostro passato diventano personaggi fantastici». Da qui l’esigenza di ricondurre l’attenzione alla realtà storica. Il dubbio è: meglio un’iniziativa anacronistica che rischia di condannare un’innocente per la seconda volta oppure un buon libro di ricostruzione storica che magari venga letto nelle scuole?