lunedì 19 ottobre 2015

Corriere 19.10.15
I segreti che i leader non riecono più a tenere
di Maria Serena Natale


Blair è con noi, dice il memo confidenziale datato 28 marzo 2002 e scritto dall’allora segretario di Stato americano Colin Powell. Destinatario, il presidente George W. Bush. Manca una settimana al vertice tra il premier britannico e il leader Usa nel ranch di Crawford, Texas. Cinque mesi alla pubblicazione del dossier di Downing Street sulle armi di distruzione di massa mai trovate. Un anno al lancio della campagna d’Iraq. Il documento rivelato ieri dal Mail on Sunday capovolge la versione di Tony Blair, che ha sempre sostenuto di aver tentato ogni via diplomatica per evitare l’intervento militare. Un testo che restituisce l’atmosfera da resa dei conti nella quale maturò «il patto». Blair avrebbe messo in gioco tutta la sua autorevolezza per convincere l’opinione pubblica della gravità della minaccia fornendo a Washington «le linee strategiche, tattiche e di politica estera utili a rafforzare il sostegno globale alla causa». In cambio, Bush avrebbe accreditato Londra come partner alla pari nella «relazione speciale» Usa-Regno Unito. Lo scoop è conseguenza indiretta di un’altra operazione trasparenza: quella che ha costretto Hillary Clinton a rendere note le email conservate su un server privato durante l’incarico come segretario di Stato. Il rapporto Powell era tra quelle email. Da WikiLeaks alla vicenda Snowden, i recenti casi di soffiate e fughe di notizie hanno reso evidente la necessità di ridefinire il concetto di privacy applicato alla politica e al suo lato oscuro. Rivelazioni come quella del Mail interferiscono però con un’altra dimensione: la ricostruzione di ruoli e responsabilità in eventi che hanno modificato gli assetti internazionali, come la guerra irachena. Non necessariamente un contributo all’accertamento della verità storica, che fin qui ha beneficiato di una componente destinata ad assottigliarsi: la distanza temporale, ed emotiva.