giovedì 15 ottobre 2015

Corriere 15.10.15
Fondi ai partiti, la sanatoria è legge. L’ira di M5S
Palazzo Madama approva in via definitiva lo sblocco dei finanziamenti anche senza l’esame dei bilanci
Quasi tutti i gruppi votano a favore. Il Movimento sventola finte carte di credito. Il Pd: copione stantio
di Virginia Piccolillo


ROMA Due ore e venti di dibattito e accuse pesanti dai Cinque Stelle: «Ladri». È passata, a tempo di record, anche al Senato, con 148 voti favorevoli, 44 contrari e 17 astenuti, la proposta di legge Boccadutri che sblocca i fondi ai partiti relativi al 2013-2015. Circa 35 milioni di euro, c’è chi dice 45 ma i conti della sanatoria si potranno fare solo alla fine, rimasti finora in una terra di mezzo: aboliti dalla legge Letta a partire dal 2017, i contributi per quel periodo dovevano essere comunque versati, seppur dimezzati, nelle casse dei partiti, solo se rendicontati e verificati da una commissione ad hoc. Ma il via libera non è mai arrivato. A sentire i componenti della commissione iniziale, che si sono dimessi, perché non c’era personale idoneo a verificare i bilanci dei partiti, arrivati all’ultimo momento e senza specifiche. La legge prevedeva al massimo personale di segreteria e non contabili. A sentire l’M5S perché nessun magistrato se la sente di certificare rendiconti «truccati». Per questo tra gli emendamenti ne avevano inserito uno che prevedeva la segnalazione obbligatoria alla procura di irregolarità. Bocciato come tutti quelli che destinavano quei fondi ad altro.
Tra gli astenuti i senatori Sel e quelli del gruppo Misto- L’altra Europa con Tsipras. Ma anche Andrea Augello (Ap). Favorevoli gli ex grillini Mussini e Romani. Mentre tutto l’M5S ha votato «no», salvo Vito Crimi che è uscito dicendo: «Io a questo banchetto dove vi spartite i soldi, non voglio partecipare».
Un esito prevedibile. «A questo punto ci sono persone che stanno aspettano lo stipendio. Che vogliamo fare? », dicevano allargando le braccia, ieri, esponenti di maggioranza e di opposizione. Rassegnati alle accuse che sono arrivate, durissime, dai Cinquestelle: «È un furto». Accuse iniziate ancor prima che partisse il dibattito, posticipato a dopo le dichiarazioni in aula del presidente del Consiglio, Matteo Renzi. Di fronte al premier i Cinquestelle hanno sventolato la «Boccadutri Card»: cartelli con una finta carta di credito che volevano dare il senso di un provvedimento che sarà immediatamente esecutivo. «Stiamo parlando di cose per cui non servono pagliacciate», ha detto Renzi, continuando a esporre la linea del governo su immigrazione, terrorismo, scenari di guerra. Cartelli risollevati al termine del dibattito. Con il presidente Piero Grasso che ha ironizzato: «Non ci si può distrarre un attimo». Prima di lasciare la presidenza dell’Aula al forzista Maurizio Gasparri, che in mattinata si era difeso in procura da un’accusa di peculato e ha condotto il mini-dibattito con tempi contingentati, nessun intervento in favore della norma, ma una difesa formale degli interventi contrari. Apprezzata anche dai Cinquestelle quando ha stoppato l’esplosione di rabbia del senatore sdi Enrico Buemi: «Moralisti da strapazzo, attenti: ciascuno prima o poi fa i conti con le proprie demagogie». «Non è demagogia. Noi i soldi pubblici non li prendiamo», hanno replicato i grillini.
«Una fiction del fango dal copione prevedibile e stantio. I bilanci sono stati presentati per tempo con tutte le pezze giustificative, corredati di certificazione pari ai bilanci delle società che si quotano in borsa», ha dichiarato il pd Mauro Del Barba. Ma per Laura Bottici (M5S) non è così: «Altrimenti bastava far slittare il termine di presentazione dei bilanci ».