Corriere 10.10.15
Tutti gli anniversari della Germania
La guerra, il muro, la riunificazione, i migranti: la Fiera di Francoforte affronta passato e presente del Paese
di Ranieri Polese
«Questi venticinque anni dalla Riunificazione? Per me sono stati anni felici, i migliori della Germania. Nella mia vita ho conosciuto tre Berlino (e tre Germanie), Berlino Ovest, Berlino Est e ora la Berlino capitale della Germania riunificata. Questa terza Berlino è la migliore in senso assoluto. E penso che questo sia il momento migliore per Berlino e per la Germania tutta». Parla Peter Schneider, già intellettuale di punta della contestazione del ’68, critico da sinistra delle due Germanie, quella occidentale troppo accondiscendente con gli ex-nazisti, quella orientale soffocata da un regime poliziesco. Da poco il suo Gli amori di mia madre è stato tradotto in Italia (L’Orma editore), è la storia della sua famiglia durante e subito dopo la guerra riletta attraverso le lettere della madre. Ora guarda agli sviluppi recenti con interesse: «Spero che lo scandalo Volkswagen possa innescare una crisi di coscienza in Germania; e per quel che riguarda i profughi siriani, ho ammirato la cancelliera Merkel che ha deciso di accoglierli anche contro altri Paesi dell’Ue».
Alla festa dei tanti anniversari tedeschi — 25 anni dalla Riunificazione, 70 anni dalla fine della guerra, 10 anni di governi Merkel — si sono presentati due scomodi non-invitati: la massiccia migrazione di profughi siriani (ma Angela Merkel ha detto «Wir schaffen das», ce la facciamo, e ne ha accolti varie centinaia di migliaia) e lo scandalo Volkswagen (per i Paesi ostili all’egemonia di Berlino dovrebbe segnare la fine di un’Europa germanizzata, ma la Merkel ha detto che sulla fiducia dei tedeschi questo scandalo ha inciso molto poco). Ma, soprattutto per la questione dei migranti, l’indice di popolarità di Merkel è sensibilmente calato. È comunque in gioco il giudizio dei tedeschi sulla loro storia recente e passata, su come valutano i venticinque anni della Riunificazione, a che punto è la rielaborazione dei ricordi della guerra e dei suoi orrori, e finalmente cosa pensano dei dieci anni di cancellierato di Angela Merkel. A Francoforte ci saranno molti libri su questi temi. Dal romanzo di Jenny Erpenbeck, Gehen, ging, gegangen (edito da Knaus, in Italia l’ha acquistato Sellerio) che affronta il tema dei migranti e dei volontari che si occupano di loro, ai molti libri di storia che rievocano fatti dell’ultima guerra. Come Der totale Rausch – Lo sballo totale (l’ha appena comprato Rizzoli) sull’uso di anfetamine e altre droghe durante il III Reich e tra i soldati al fronte. C’è anche l’agghiacciante ricerca di Florian Huber (pubblicata da Berlin Verlag è già venduta in Spagna Olanda Norvegia) sugli ultimi mesi di guerra quando inviati del partito cercavano di convincere, spesso con successo, i giovanissimi a uccidersi pur di non cadere in mano al nemico. Il titolo, tradotto, suona così: Ragazzo, promettimi che ti sparerai . KiWi ha uno dei libri caldi della Fiera (uscirà nella primavera 2016): ricostruisce un episodio avvenuto il 24 marzo del 1945, cinque giorni prima dell’arrivo dell’Armata rossa in Austria, quando, durante un party nel castello di Margit Thyssen al confine con l’Ungheria, gli invitati per divertirsi uccisero a fucilate degli ebrei usati come lavoratori-schiavi. Margit, che aveva sposato il conte ungherese Batthiany, fuggì portando con sé in Svizzera due nazisti suoi amanti; per tutti fu sempre la «Contessa assassina». Ora, il nipote Sasha Batthyany ritorna sui luoghi per riaprire l’indagine e scoprire cosa veramente accadde, e — come dice il titolo del libro — Cosa c’entro io con tutto questo?
Monumenti & memorie
Molti anche i titoli sul dopo 1990. Il più divertente è un finto reportage, Oro nero a Warnemünde , pubblicato da Aufbau: l’unificazione, scrivono i due autori, non ci fu perché nel 1989 sul Mar Baltico, davanti a Rostock, fu scoperto il più grande giacimento di petrolio al mondo, regalando una incredibile ricchezza alla Germania Est. Venticinque anni dopo, due reporter vanno a visitare il paradiso della Ddr.
Ma il libro più atteso — l’autore ha già in programma sei incontri alla Fiera — è Germany. Memories of a Nation (H.C.Beck). L’ha scritto l’inglese Neil MacGregor ed è appena uscita la traduzione da H. C. Beck: è un imponente saggio illustrato — proprio come La storia del mondo in 100 oggetti scritto da MacGregor quando era ancora direttore del British Museum — che vuole aiutare a capire la Germania ripercorrendo monumenti, immagini, memorie da Gutenberg a oggi. Monumento-simbolo delle trasformazioni del Paese è l’edificio dei Bundestag a Berlino. Completato nel 1894 sotto il Kaiser Guglielmo II (allora si chiamava Reichstag), ha visto proclamare la Repubblica nel novembre 1918 ma il suo incendio nel febbraio 1933 dette il via alla dittatura di Hitler. Danneggiato dalla guerra, conquistato dall’Armata rossa il 30 aprile 1945 (celebre la foto della bandiera issata dal soldato sovietico), restaurato dopo la Riunificazione dall’inglese Norman Foster, ospita ora il Parlamento della nuova Germania. La cupola in vetro di Foster che permette di vedere le sedute dell’assemblea è il segno, per MacGregor, di un Paese che non vuole più nascondere nulla, e che senza dimenticare il passato — i graffiti dei soldati sovietici sono stati conservati — guarda al futuro.
Cara Germania ti scrivo
È uscito in questi giorni dall’editore Nicolai di Berlino 100 Briefe an Deutschland – Cento lettere alla Germania , quasi un giudizio corale su questi venticinque anni. A scriverle sono tedeschi come Gregor Gysi, l’ex capogruppo della Linke, e l’ex ambasciatore Tomas Matussek; ci sono stranieri che hanno vissuto in Germania, come lo scrittore colombiano Hector Abad; ci sono figli e nipoti di immigrati che ormai sono cittadini tedeschi.
Uno di questi, il greco Stamos Papas, laurea in sociologia ad Amburgo, amministratore delegato della Società delle terme Roentgen, scrive: «Cara Germania, hai un cancelliere donna, un ministro delle finanze disabile, un ex ministro degli Esteri omosessuale, un capogruppo parlamentare con radici turche. Sono tutti segni dell’evidente progresso che hai fatto. Ma oggi? I segnali inquietanti si moltiplicano. La tua potenza economica viene impiegata per spingere un piccolo Paese (il mio paese di origine, la Grecia) nella catastrofe economica e umanitaria. Ancora più inquietante è l’affacciarsi di nuovo del sentimento nazionalista e il pericolo reale di far saltare in aria il progetto di pace sul quale si fonda l’Ue. Nella questione greca e in quella dei profughi si affaccia sempre più spesso una faccia orrenda. Per questo, cara Germania, devi stare in guardia, dobbiamo tutti stare in guardia».
Una famiglia tedesca
Da poco tradotto in Italia (Sellerio), I Benjamin. Storia di una famiglia tedesca ripercorre le vicende dei fratelli Walter, Dora e Georg Benjamin e della moglie di Georg, Hilde. Dalla Repubblica di Weimar alla guerra (Walter muore suicida mentre cerca di rifugiarsi in Spagna; Dora morirà in Svizzera; Georg, infine, troverà la morte nel campo di Mauthausen) al dopoguerra, quando Hilde con il figlio vivono nella Ddr. Giudice e poi ministro della Giustizia, Hilde dedicherà la sua vita alla caccia agli ex-nazisti. Sulla stampa della Germania Ovest, dove invece i nazisti avevano subito trovato posti di prestigio, fu chiamata «la jena rossa». Attraverso le vite dei Benjamin, l’autore, il giornalista Uwe-Karsten Heye, racconta la storia tedesca, da Weimar agli orrori del regime hitleriano, dalle due Germanie divise fino ai giorni nostri.
«La notte del 9 novembre 1989 mi trovavo sulla Bornholmer Brücke. La notte in cui è stato aperto il Muro è stata una notte meravigliosa» ci dice Heye. «Anche se nei fatti è stata una sorta di Anschluss della Ddr alla Repubblica Federale, io continuo a essere molto contento della Riunificazione. Certo, all’inizio non si riconobbe quello che tante persone dell’Est avevano fatto, o sperato. Ora, comunque, si comincia a guardare con occhio più lucido e giusto alla Ddr e questo rende lentamente possibile “che cresca insieme ciò che insieme deve stare” come diceva Willy Brandt».
Come giudica la decisione di Angela Merkel di accogliere i migranti siriani? «Con l’arrivo in massa dei profughi è la prima volta che Merkel mostra un suo profilo politico. Riguardo al dibattito se la nave è piena o piuttosto mezza vuota lei ha risposto con la frase “Ce la possiamo fare”, una frase che non ha trovato solo consensi, ma che anzi le ha fatto perdere il primo posto tra i politici più popolari. C’è solo da sperare che la cancelliera non retroceda dalla sua posizione. Per molti osservatori è stato un fatto eccezionale: è la prima volta in cui la Merkel ha preso una decisione senza aspettare i sondaggi, senza cioè sapere prima in che direzione va la maggioranza».