mercoledì 2 settembre 2015

Repubblica 2.9.15
Le sconfitte di Obama
di Guido Ceronetti


SI PARLAVA… La conversazione virò su Barack Obama, e come giudicarne, dopo sette anni, la presidenza. È certo che abbia deluso, ma solo perché, ricevuto un Nobel per la pace assurdamente anticipato, ne è rimasto condizionato, passando per il primo Presidente (finora) senza guerre e addirittura rimproverato, dagli amici dell’America, per questo pacifismo armato che risparmia, sebbene in possesso di arsenali da far paura, le vite dei suoi cittadini? Come si vede il tema è strenuamente scabroso. Obama è anche il primo presidente, dopo il 1948, ad aver indebolito non poco il rapporto degli Stati Uniti, con la Russia da un lato e con l’Erez di Israele nel Mediterraneo. Uno scopo politico o un errore di svolta? Perché perseguire ad ogni costo un accordo pieno di buche con un Iran ipnotizzato dalla Bomba, a costo di tapparsi gli orecchi davanti alla costernazione mortale dello Stato ebraico? Un sospetto di antisemitismo segreto non ci riusciva di escluderlo. Di filoislamismo occulto sembra inevitabile parlare.
Ha tentato, Obama, una molteplice impresa in cui era impossibile riuscire: porre dei limiti alla fuoriuscita dai limiti di una democrazia capitalista che è lo schema determinante sociale ed ecumenico, di un liberalismo totale perfettamente suicida. (Si scatena il panico finanziario appena un sistema mondiale entra,come in Cina, in crisi). Obama è caduto su quel che poteva alonarlo di più prestigio: le armi da escludere dalla vendita libera, i tentativi di arginare la catastrofe ecologica, senza aver tentato di migliorare significativamente agli americani una dieta da obesi elefanti.
In generale tutte le autonomie di un Presidente sono eteronomie mascherate, condizionate all’estremo. Abbiamo, qualcuno di noi diceva, valutato la prima vittoria di Obama come un evento poco meno che messianico. Ma alla Casa Bianca il Messia sperato non è disceso. Chi può avergli consigliato di chiedere aiuto a un inaffidabile come Putin, che batte le rotte del male, perché gli togliesse la necessità urgente di intervenire decisivamente nella guerra civile siriana? Putin lo ha accolto fulmineamente come un segnale di debolezza di cui approfittare al più presto. Anche l’Iran, anche l’Isis hanno percepito quel crudele ritiro del razionalismo etico americano dalla scena mondiale, come un invito ai topi a mettersi a ballare.
Ci era inesplicabile perché da quasi tutti i commentatori, dentro o fuori di ogni politica, siano venuti tanti consensi e applausi ad un’altra resa euroamericana così povera di avvedutezza come gli accordi con Teheran, fino a poco prima considerato profondamente nemico dell’Occidente e delle democrazie liberali.
Purtroppo, il ricorso di Obama a Putin è pagato dai piccoli del mondo, perché la Russia, trovando una Washington grintosa, poteva forse durare un po’ di più come impersuaso alleato dell’Occidente dopo 1989. (Cosa che buttiamo come ipotesi tutt’altro che certa, perché era scritto nel destino che da questo troppo tollerante Presidente le cose prendessero una direzione allarmante). E dove ha perso un Obama — che disponeva inizialmente di un’aura di onnipotenza — non vedremo riuscire una Hillary! Gli errori umani non sono mai semplici da decifrare: non parliamo di quelli troppo madornali delle svolte storiche.
Riflettiamo un momento su qualche parola che ha attraversato, col libro di Lao Tzu, parecchi millenni: “il mondo non è modellabile. Chi lo modella, lo distrugge”.