mercoledì 2 settembre 2015

Repubblica 2.9.15
Il caso sulla Carta. Il fronte Renzi èp in minoranza
I ribelli dei due fronti e quei 5 sì da trovare per ribaltare la partita
di Tommaso Ciriaco


ROMA . Cinque voti per una legislatura. È la montagna che Matteo Renzi deve scalare per approvare la riforma costituzionale e trasformare una potenziale sconfitta in un trionfo. Nulla è più incerto del pallottoliere di Palazzo Madama, ma ai blocchi di partenza il premier non gode di numeri tranquillizanti. Anzi, passando ai raggi X un’Aula spaccata e umorale c’è di che preoccuparsi. Sulla carta, l’area favorevole al testo si ferma a quota 154, mentre gli oppositori possono muovere 162 pedine. Uno scarto di otto senatori, che Palazzo Chigi può ribaltare arruolandone cinque alla causa renziana. Da oggi al momento della verità non mancheranno tradimenti e cambi di casacca. Epicentro del malcontento è naturalmente il Pd. In venticinque hanno sottoscritto un documento che invoca il Senato elettivo. È il nodo su cui si testerà la tenuta della maggioranza. Con loro, combattono la stessa battaglia Corradino Mineo e Felice Casson, ma anche Luigi Manconi e Mario Tronti: in tutto 29 dissidenti, che fanno scendere a 83 i senatori del Pd (escluso Piero Grasso, che non vota). Ai ribelli della sinistra dem va sommata l’area di opposizione: 45 di Forza Italia, 12 della Lega, 36 grillini, 10 fittiani e 3 tosiani. Non solo: a contrastare la riforma ci sono pure 8 degli 11 di Gal (compresi i due Verdi) e 19 del gruppo Misto (sette Sel, nove ex grillini, due dell’Altra Europa per Tsipras più Maurizio Rossi).
E però Renzi ha tempo. Per trattare, per strappare una manciata di senatori alla trincea del no. Si parla di alcuni parlamentari dell’opposizione interna del Pd, di altri due ex grillini e tre berlusconiani (tra gli indiziati Francesco Nitto Palma). La speranza della maggioranza è che si aggiungano agli 83 senatori del Pd, ai 35 di Alleanza popolare, ai 15 delle Autonomie (compreso Giorgio Napolitano), ai cinque del Misto (Sandro Bondi e Manuela Repetti, Mario Monti e Benedetto Della Vedova, oltre all’ex dem Salvatore Margiotta) e ai tre esponenti Gal Paolo Naccarato, Michelino Davico e Angela D’Onghia. Senza dimenticare i dieci senatori di Denis Verdini e altri tre ex pentastellati in bilico. Due di loro fanno componente per l’Idv, mentre Luis Orellana si muove autonomamente. Contattati, sollecitano un listino per i consiglieri regionali che siederanno a Palazzo Madama, e cioé la proposta di mediazione di Luigi Zanda. Fuori da giochi appaiono invece quattro dei sei senatori a vita. Fra loro, Renzo Piano ha preso parte solo all’0,09% degli scrutini, mentre Elena Cattaneo in occasione del primo passaggio del ddl scelse l’astensione, che al Senato equivale a un “no”.
I numeri sono destinati a cambiare forma seguendo il corso della politica e lo spettro di una crisi. E il voto sull’articolo 2 non avrà lo stesso peso di quello finale. Con un’incognita decisiva: Piero Grasso. «Molto - ragiona il dissidente dem Federico Fornaro - dipenderà dalle scelte del Presidente sull’articolo 2: sarà lui a stabilire se giocheremo a calcio o a rugby...».