martedì 29 settembre 2015

Repubblica 29.9.15
L’allarme del premier su temi etici e unioni civili
“I cattolici non capiscono”
I dubbi e le perplessità dei parrocchiani hanno reso più prudente il premier
Le associazioni chiedono di rimandare la possibilità di adottare figli
di Goffredo De Marchis


ROMA Prudenza non vuol dire insabbiamento. Prudenza significa accettare di buon grado il probabile rinvio della legge sulle unioni civili al 2016. Matteo Renzi non intende fare dietrofront sui diritti per le coppie omosessuali, ma non trascura alcuni segnali che gli vengono dal mondo cattolico. E qui non si parla delle gerarchie vaticane, della Cei o dei conservatori alla Ruini che preparano i loro documenti alla vigilia del Sinodo sulla famiglia che si inaugura il 4 ottobre, giorno di San Francesco. Semmai dei parrocchiani di San Giovanni Gualberto, la chiesa della famiglia Renzi a Pontassieve, un edificio moderno a pianta tonda in fondo al paese dopo la ferrovia. Sul sagrato, la domenica mattina, il premier si ferma spesso a parlare con gli amici: chiacchiere in libertà sulla Fiorentina, sugli impegni sportivi dei figli e sulle gare a cui ormai partecipa solo la moglie Agnese. Ma negli ultimi tempi Renzi ha notato il crescere delle domande e delle perplessità sulle mosse del governo intorno ai diritti dei gay e ai loro riflessi sulla famiglia tradizionale.
Raccontano che la stessa scena si sia ripetuta, a qualche decina di chilometri di distanza, nella chiesa di Arezzo frequentata dal ministro Maria Elena Boschi, che nel governo ha la posizione più avanzata, favorevole al matrimonio gay, equiparato in tutto e per tutto all’unione eterosessuale. Sono piccole spie accese, che il premier-segretario vuole capire meglio, attento come al solito al consenso dell’opinione pubblica, a far passare il messaggio. Renzi è convinto che si sia prodotto un «cortocircuito» con la riforma della scuola, usata da alcuni gruppi di ultrà cattolici per denunciare l’introduzione nelle aule italiane della teoria gender, la formula che consente ai bambini di sentirsi maschi o femmine secondo il loro orientamento e di essere rispettati in questa scelta. Non c’è niente di tutto questo, nel provvedimento della buona scuola: c’è il rispetto della parità uomo-donna e la condanna del bullismo contro ogni forma discriminatoria, compresa quella omofoba. Ma il “cortocircuito” con le unioni civili ha comunque funzionato, pervadendo l’intera materia dei diritti, agli occhi dei cattolici, di un sospetto di fondo. Ecco perché allontanare nel tempo le due leggi, la riforma scolastica e il via libera definitivo alle coppie gay, può non essere un danno, ma un’opportunità.
Il disegno di legge firmato da Monica Cirinnà è fermo in commissione al Senato. Il Partito democratico vorrebbe incardinarlo, ovvero metterlo in calendario, prima dell’arrivo della legge di stabilità, che sulla carta è fissato per il 15 ottobre. Luigi Zanda ha condotto una battaglia per chiudere prima la partita della legge costituzionale in modo da portare in aula le unioni civili entro metà ottobre. Battaglia persa e adesso rimangono appena due giorni rispetto al 13 ottobre, data limite per la riforma di Palazzo Madama. Zanda dice sicuro: «Ce la faremo». Ivan Scalfarotto, sottosegretario alle riforme e protagonista di uno sciopero della fame perché la norma non finisse nell’oblio, ha qualche certezza in meno: «Può slittare al 2016, ma non sarà un problema perché ormai il traguardo è vicino. E Matteo non si rimangerà la promessa».
Il piccolo drappello di parlamentari Pd cresciuti nell’associazionismo cattolico è felice per la “pausa di riflessione”. Spera che porti a qualche nuova modifica. «I tempi più lunghi ci aiuteranno a fare meglio», dice Ernesto Preziosi, ex vicepresidente dell’Azione cattolica, deputato dem. Questo gruppo di pressione non chiede l’insabbiamento della legge e dei diritti, ma ha già ottenuto il “successo” della coppia gay definita «formazione sociale specifica». Come dire: ben distinta dal matrimonio. «È possibile precisare ancora la differenza con le nozze — spiega Preziosi —. E rimandare a un’altra legge la parte che riguarda l’adozione del figlio di uno dei partner della coppia, la stepchild adoption». Modifiche che i cattolici Pd chiedono subito perché Renzi è stato chiaro: la Camera dovrà approvare la legge uscita dal Senato così com’è, per evitare di aprire nuovi fronti nella navetta parlamentare. A questo lavora un comitato interno del Pd formato da 5 deputati e 5 senatori che studia gli emendamenti da portare a Palazzo Madama. Ne fanno parte anche i cattolici Emma Fattorini, la senatrice che ha voluto il compromesso della “formazione sociale specifica” e Alfredo Bazoli, deputato. «Con questa legge dobbiamo cercare il meglio e farla accettare da tutti», chiarisce la presidente della commissione Cultura della Camera Flavia Nardelli. E se il Sinodo farà delle aperture, allora i tempi più lunghi diventaranno una “benedizione” per il Pd e per Renzi.