domenica 27 settembre 2015

Repubblica 27.9.15
Javier Cercas
“I secessionisti vogliono nascondere corruzione e tagli brutali al welfare”
La campagna dei nazionalisti dice lo scrittore alla vigilia del voto in Catalogna che il presidente Mas ha trasformato in un referendum sull’indipendenza è fatta di falsità e populismo. Ma se avranno la maggioranza, il paese rischia di andare via dall’Europa
di Alessandro Oppes


BARCELLONA Artur Mas? «Un governante demagogo». Il boom degli indipendentisti? «Frutto di una propaganda martellante basata su falsità». La soluzione? «Se escono vittoriosi dalle urne, l’unica via d’uscita è un referendum». Javier Cercas assiste preoccupato alla sfida separatista di oggi in Catalogna, con le elezioni regionali che i nazionalisti hanno trasformato, appunto, in un referendum per l’indipendenza. Originario dell’Estremadura ma da decenni cittadino della Catalogna, l’autore di “Soldati di Salamina” ha appena pubblicato in Italia il suo ultimo libro “L’impostore”. Storia di un finto deportato nei lager nazisti. Ma è un appellativo che calzerebbe a pennello anche con il concetto che lo scrittore ha del presidente catalano ribelle.
Ora in Catalogna si parla solo di indipendenza, mentre i problemi sociali ed economici restano ai margini del dibattito pubblico. Era forse questo l’obiettivo di Mas quando, all’improvviso, si è convertito al separatismo?
«E’ fuor di dubbio. Con il tema dell’indipendenza si è nascosta una corruzione immensa. Artur Mas ha applicato una politica di tagli brutale,nel campo della sanità e dell’educazione, ancor prima che lo facesse Rajoy a livello di governo centrale. La gente protestava, e lui ha fatto ciò che è solito fare qualsiasi governante demagogo da che mondo è mondo: cercare un nemico esterno».
Perché siamo arrivati a questo punto, allo scontro finale?
«Con la crisi economica, i nazionalisti si sono uniti alla causa separatista convincendo parecchia gente di tre cose: che “Madrid ci deruba”, che la Spagna non è una vera democrazia e che l’indipendenza si otterrà senza dover pagare nessun costo. Cioè che non usciremo dall’Europa e che non ci sarà nessuna ripercussione negativa dal punto di vista economico. Al contrario: saremo un paese meraviglioso, ricco e senza nessun problema».
Un discorso che ha fatto breccia tra la gente.
«Sì, perché c’è stata una propaganda martellante per trent’anni, che si è intensificata straordinariamente negli ultimi tempi. Il populismo qui in Spagna è rappresentato dall’indipendentismo catalano. Un populismo che consiste nel dire che tutte le colpe sono di Madrid. E che, se ci liberiamo di Madrid, saremo la Danimarca o la Svezia».
Un messaggio allettante. Crede che sia del tutto infondato?
«Totalmente. Qui può venire chiunque, da Merkel a Cameron, a dire che chi se ne va dalla Spagna se ne va dall’Europa, ma non importa perché la propaganda continua a dire che non è vero. E la gente ci crede. E tutto ciò avviene nel disprezzo della legge».
Una sfida che viene direttamente dall’ambito istituzionale.
«È questa la cosa più grave. La sfida allo Stato è partita proprio dal potere pubblico, con il denaro di tutti, anche il mio. Il governo spagnolo però non è intervenuto come avrebbe dovuto, si è limitato a non fare niente».
A parte il fatto di minacciare il governo catalano appunto con il peso della legge.
«Sì, ma senza alcun effetto. E siccome Mas ha deciso di ignorare tutte le norme di legge, può arrivare ad affermare che proclameranno l’indipendenza in modo unilaterale, senza negoziare. Che lo faranno senza avere la maggioranza dei voti, ma solo quella dei seggi. E senza fare un referendum sull’indipendenza. Questa è un’assurdità».
A parte il dibattito aspro della campagna elettorale, pochi hanno lanciato l’allarme su questa questione negli ultimi tempi.
«Si sono svegliati tardi, forse troppo tardi. Solo nelle ultime settimane qualcuno ha cominciato a spaventarsi, per esempio le banche che finora non avevano detto nulla. In Catalogna abbiamo vissuto a lungo un clima di unanimismo creato per il timore della dissidenza. Non era ben visto dire che tu non eri indipendentista, perché il discorso dominante era quello. Anche gli intellettuali si sono adeguati».
A questo, però, la forza del fronte indipendentista è una realtà. In caso di vittoria elettorale, come se ne viene fuori?
«Se dalle urne viene fuori una maggioranza favorevole all’indipendenza mi riferisco alla maggioranza dei voti e non dei seggi io chiedo che si organizzi un referendum. Non mi piace, ma credo che non ci siano alternative. Con il consenso elettorale dalla loro parte non saranno più disponibili a negoziare per soluzioni alternative, come lo Stato federale. Bisognerà trovare la formula legale per garantire ai catalani la possibilità di esprimersi attraverso un referendum».