giovedì 24 settembre 2015

Repubblica 24.9.15
Se il premier riapre il fronte della giustizia
I dubbi dei magistrati sulle norme che regolano le intercettazioni espongono il governo a una nuova fase di ostilità
di Stefano Folli


DIFENDERE il diritto alla “privacy” dei cittadini che non hanno commesso illeciti, evitare gli abusi e al tempo stesso garantire un efficace strumento di indagine alla magistratura. Dovrebbe essere l’obiettivo della legge sulle intercettazioni, ma forse le contraddizioni sono troppo grandi. O forse il governo e in particolare il ministro della Giustizia stavolta non sono riusciti a vincere la battaglia mediatica e a farsi capire da tutti.
Sta di fatto che le nuove misure, da definire nell’ambito della riforma del processo penale, sono già state battezzate “legge bavaglio”, e non solo perché così le hanno descritte i Cinquestelle. Il fatto è che si tratta di materia sensibile e non si può dare l’impressione, anche solo l’impressione, che l’intento sia tutelare i politici o altri esponenti della cosiddetta “casta”, andando a coprire qualche scandalo presente o futuro. Tanto meno può aleggiare il sospetto, anche solo il sospetto, che si voglia ridurre il diritto di cronaca.
È verosimile che l’intervento governativo non abbia queste finalità, ma contano anche le apparenze e il modo con cui si affrontano certe questioni. Le frasi infelici di Renzi sui “talk show” televisivi, l’evidente preferenza per un’informazione a tinte rosa, ottimista e dedita a raccontare realtà positive, segnalano la tentazione di interferire con la libertà dei giornalisti. Il governo contro la stampa: un classico del potere sotto ogni latitudine. Di conseguenza non stupisce che divampino le polemiche per la legge, pur doverosa, che regolerà le intercettazioni. E che viene rappresentata facilmente, a causa delle contraddizioni e della scarsa chiarezza, come un’operazione opaca del palazzo della politica.
Se è così, il governo ha l’opportunità di riflettere e correggere i punti controversi della normativa. Del resto, la legge sul processo penale è stata approvata dalla Camera e deve ora passare al vaglio del Senato, dal momento che non è ancora in vigore — come è noto — la riforma costituzionale che abolirà la doppia lettura. In questo caso si potrebbe dire: per fortuna.
Non è tutto. Gli attacchi dei Cinquestelle erano stati di certo preventivati a Palazzo Chigi. Le critiche piuttosto aspre dell’associazione dei magistrati, viceversa, sono più insidiose. La potente corporazione si dichiara insoddisfatta e giudica “incoerenti” le misure del governo. Può essere solo un atto dovuto, una reazione di bandiera inevitabile data la natura para-sindacale dell’organismo. Ma può essere invece l’avvio di una fase di ostilità i cui riflessi sono difficili da valutare oggi. Il problema è: Renzi e il suo governo sono in grado di reggere una ripresa di iniziative giudiziarie ad ampio spettro? L’effetto destabilizzante di una tale offensiva non ha bisogno di essere illustrato. E qualche segnale è già stato registrato nel recente passato.
Senza dubbio il presidente del Consiglio è consapevole del rischio. D’altra parte, non è verosimile che l’azione riformatrice del governo, tanto enfatizzata, si arresti di fronte ai temi della giustizia. Peraltro prioritari in vista di restituire una complessiva credibilità al Paese.
Quindi da oggi c’è un elemento in più da considerare nel cammino della legislatura: il risentimento del potere giudiziario e le conseguenze che ne potranno derivare sul piano politico, anche all’interno della maggioranza.
Non è strano, ad esempio, il costante rafforzamento del gruppo di Denis Verdini, con il parallelo sfaldamento di Forza Italia. È vero che l’intesa nel Pd sulla riforma del Senato rende forse ininfluenti i voti dei transfughi sulla legge costituzionale. Ma la legislatura è lunga e si profilano numerose le situazioni in cui la pattuglia verdiniana sarà in grado di puntellare la maggioranza. Di fatto Renzi dispone oggi di una sponda che potrà tornargli utile in mille casi, specie se la navigazione del governo affrontasse acque agitate. Uno scenario nuovo che tende a ridimensionare il potere dell’alleato Alfano.