giovedì 24 settembre 2015

Repubblica 24.9.15
“Ecco l’orgoglio e il pregiudizio della Tunisia”
Nel nuovo romanzo Azza Filali racconta il suo paese alla vigilia della rivoluzione dei gelsomini
di Fabio Gambaro


Un attimo prima della rivoluzione, sul bordo del precipizio. Nelle pagine di “Ouatann ombre sul mare” (traduzione di Maurizio Ferrara, Fazi), Azza Filali racconta la Tunisia immediatamente precedente alla rivoluzione dei gelsomini. Un paese dominato dalle diseguaglianze sociali, dagli abusi e dalla corruzioni dove non è facile prendere in mano il proprio destino. E per restituire la complessità di quel mondo in bilico la scrittrice tunisina segue i percorsi tortuosi di alcuni personaggi che, alle prese con una svolta cruciale della loro vita, convergono tutti in una grande casa affacciata sul mare. Una avvocatessa che non vuole più difendere i corrotti. Un uomo cinico che pensa solo al denaro. Un ex carcerato che deve decidere se abbandonare il passato criminale. Un giovane che vuole arricchirsi con il traffico d’immigrati clandestini. La
scrittrice tunisina intreccia i loro destini con grande maestria, costruendo un romanzo profondo e avvincente che si legge quasi come un noir esistenziale. « Ouatann esprime il malessere da cui è nata la rivoluzione del 2011, malessere sociale e malessere individuale», spiega Azza Filali. «In Tunisia c’era un’atmosfera tesa, la gente non si parlava, dominava il sospetto reciproco. Percepivo questa atmosfera senza prospettive e senza punti di riferimento, in cui la speranza di un cambiamento coesisteva con l’impossibilità di sfuggire al proprio destino. Da lì è nato il romanzo».
Lo sconcerto dell’autore di fronte alla società in cui vive?
«Quando scrivo parto sempre dalle mie sensazioni, da un vissuto non ancora razionalizzato. Nel vissuto da cui è nato questo libro c’erano molte traiettorie spezzate, molta disperazione e sgomento, ma anche molta speranza e molte attese. Ma, più che gli avvenimenti, mi interessavano gli individui, la loro sensibilità, le loro scelte».
Mickhat, la protagonista, è una donna che si sta cercando...
«Rappresenta una parte delle donne tunisine. La loro evoluzione negli ultimi anni è stata molto significativa. Hanno conquistato diritti che ora cercano di esercitare. Ma, dato che la mentalità degli uomini è invece rimasta la stessa del passato, ne sono nati innumerevoli conflitti. Molte donne tunisine indipendenti devono gestire da sole la loro vita, perché gli uomini hanno paura della loro liberazione. Occorreranno almeno tre o quattro generazioni prima che la loro condizione divenga naturale».
La casa in cui si svolge il romanzo sembra una metafora della Tunisia.
«È proprio così. Come la Tunisia, in passato è stata abitata da un francese, che vi ha lasciato un’eredità nascosta. È una casa con molti nascondigli e angoli bui, come l’anima dei tunisini».
Alcuni protagonisti del romanzo, pensando all’Europa, hanno l’impressione di essere nati «dalla parte sbagliata della geografia»...
«Nonostante la rivoluzione, l’emigrazione clandestina continua ad aumentare. Dato che la rivoluzione politica non ha ancora prodotto trasformazione sociale, molti giovani tunisini continuano a desiderare un altrove al contempo reale e simbolico. Conoscono i rischi della traversata del Mediterraneo, come pure le difficoltà che gli immigrati incontrano in Europa, eppure continuano a partire spinti da un desiderio irrazionale. Solo un radicale cambiamento sociale e culturale potrà fermarli».
I giovani sono insensibili al “ouatann”, vale a dire la patria, i valori, la tradizioni...
«Non capiscono che un paese economicamente disastrato non si trasforma in poco tempo. Da qui il sogno della fuga, ma anche la tentazione dell’islamismo radicale, nei cui ranghi hanno l’impressione di dare un senso al vuote delle loro vite».
Di fronte a questa situazione, la letteratura può contribuire all’evoluzione del paese?
«A condizione che la gente legga. La scrittura romanzesca è creatrice di mondi, apre nuovi orizzonti. Può quindi indicare alcuni percorsi per guardare la vita diversamente».
Ma il tempo della letteratura può accordarsi con quello della storia?
«I due tempi sono sempre sfasati. Il tempo della storia corre e non si ferma mai, mentre quello della letteratura procede lentamente, arrivando sempre dopo. Il vissuto dello scrittore ha bisogno di sedimentare. La letteratura infatti non deve essere la semplice messinscena della storia. La letteratura deve emanciparsi dalla storia».
La vittoria della rivoluzione e i cambiamenti intervenuti nella società tunisina hanno trasformato il suo modo di scrivere?
«Continuo a scrivere con lo stesso ritmo, lo stesso stile, lo stesso approccio che non è mai diretto e militante, ma sempre un po’ laterale, privilegiando le sfumature. È cambiato invece il mio rapporto con la parola pubblica. La libertà d’espressione è una conquista formidabile».
«Quando l’onore ritorna, il paese sorge nell’animo degli uomini », dice uno de personaggi di “Ouatann”... È quello che sta accadendo oggi in Tunisia?
«Abbiamo ritrovato l’onore, quindi, nonostante la miseria, la disoccupazione, il terrorismo e mille altri problemi, abbiamo ritrovato la fiducia in noi stessi. Oggi abbiamo una repubblica, una nuova costituzione più laica della precedente. Anche le tensioni tra il mondo islamico e il mondo laico vanno attenuandosi. Anche se la strada da fare è ancora molta, i progressi sono indiscutibili. Motivo per cui io resto ottimista ».
IL LIBRO Ouatann ombre sul mare di Azza Filali (Fazi, traduzione di Maurizio Ferrara, pagg. 263 euro 17,50) Nella foto in basso la scrittrice tunisina Azza Filali nata nel 1952