domenica 20 settembre 2015

Repubblica 20.9.15
Il labirinto dell’Europa sui migranti e dell’Italia sul Senato
di Eugenio Scalfari


I MIGRANTI e l’Europa. Lo spettacolo di alcuni Paesi membri dell’Unione europea di fronte alle ondate di decine di migliaia di persone provenienti dall’Africa subequatoriale, dalla Siria, dalla Libia, dal Kurdistan. I valori sui quali è nata l’Unione europea messi sotto i piedi dall’Ungheria, dalla Polonia, dalla Slovacchia, dalla Repubblica Ceca, dalla Croazia. Questo è accaduto e continua non solo ad accadere ma a coinvolgere la simpatia anche di altri membri dell’Unione come i Baltici. È una situazione intollerabile e come tale giudicata da tutti gli altri componenti dell’Unione a cominciare dalla Germania, dall’Italia, dalla Francia. Ma, nonostante questa inaccettabilità più volte affermata vigorosamente, non si è andati oltre, alle parole non sono seguiti i fatti, sia perché si cerca piuttosto un compromesso che uno scontro aspro e duro in una fase di difficoltà economiche notevoli e non ancora superate e sia perché l’Ue è una confederazione di Stati nazionali ognuno dei quali è padrone in casa propria salvo alcune modeste cessioni di sovranità che riguardano più l’economia che la politica.
Questa constatazione mi ha fatto pensare che cosa sarebbe accaduto se esistessero gli Stati Uniti d’Europa e come sono in grado di comportarsi gli Stati Uniti d’America quando hanno dovuto affrontare problemi consimili ai nostri di discriminazioni, xenofobie, immigrazioni.
L’immigrazione è regolata da norme federali: se uno straniero è in regola con quelle norme e può varcare i cancelli di ingresso, circola liberamente in tutto il Paese.
LA discriminazione fu abolita da Lincoln con la guerra di secessione: la vittoria contro i sudisti ebbe come risultato costituzionale l’eguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge. Quanto alla xenofobia, tutte le associazioni razziste, a cominciare dal Ku Klux Klan, furono soppresse e la loro ricostituzione vietata. Provvedimenti come quelli di erigere muri e sbarrare i confini da parte di singoli Stati dell’Unione sarebbero immediatamente e concretamente vietati, la polizia locale sostituita da quella federale alla quale ove si dimostrasse necessario si affiancherebbero anche reparti dell’esercito degli Stati Uniti.
Quanto sta accadendo è la vergogna d’Europa, non solo per gli Stati xenofobi e dittatoriali, ma per tutti, che dopo settant’anni dal manifesto di Ventotene non sono ancora riusciti a dar vita ad una Federazione europea. Vergogna.
***
La riforma costituzionale del Senato della Repubblica italiana è un tipico labirinto per uscire dal quale ci vuole il filo di Arianna. Il mito racconta che due personaggi tengono quel filo: Arianna e Teseo. Tutti e due si salvano e si mettono provvisoriamente al sicuro ma, arrivati all’isola di Nasso, Teseo abbandona Arianna; lei viene violentata dal dio Dioniso che poi la trasforma in una costellazione. Il filo resta per terra in quell’isola sperduta senza più nessuno che lo tenga in mano.
I lettori forse si domanderanno che cosa c’entra il mito del labirinto con la riforma del Senato. C’entra, eccome. Nel labirinto dell’articolo 2 della legge di riforma Teseo è Renzi e Arianna è Bersani. Se l’accordo che si profila tra la maggioranza renziana e la minoranza andrà a buon fine, il Pd uscirà dal labirinto ma alla fine Renzi (Teseo) abbandonerà Bersani (Arianna) che finirà in cielo, cioè fuori dalla vera partita politica. Il filo però non sarà abbandonato per terra ma i suoi due capi resteranno in mano a Renzi.
Personalmente la vedo così. Può darsi che sia un bene per il Paese, Renzi resta il capo indiscusso e unico, la minoranza è fuori gioco ma onorata e luccicante come le stelle. Il guaio è che il labirinto resta in piedi. Chi ci sta dentro? Non certo la minoranza che riposa nell’alto dei cieli. Dentro ci sta di nuovo Renzi alle prese con l’Europa e soprattutto con quelli che l’Europa la vorrebbero federata. Il nostro presidente del Consiglio no, vuole mantenere i poteri deliberanti in mano agli Stati nazionali.
Del resto non è il solo: quasi tutti i capi di governi nazionali non vogliono essere declassati. A volere l’Europa federata sono rimasti in pochi: uomini di pensiero, vecchi ma anche molti giovani che detestano frontiere e localizzazioni; Draghi con la sua Banca centrale; molti presidenti delle Camere europee, a cominciare dalla nostra Laura Boldrini; forse Angela Merkel, consapevole che anche la Germania in una società sempre più globale finirebbe col trasformarsi da nave d’alto mare in un barcone sballottato dai flutti.
Tutto è dunque appeso al filo di Arianna perché se è vero che l’Italia è un labirinto, molto più labirintica è l’Europa. Un capo del filo per uscire dal labirinto europeo è in mano alla Germania, l’altro capo dovrebbe essere il popolo europeo a tenerlo, il quale però non dimostra alcun interesse a questa vicenda. Ci vorrebbero all’opera partiti europeisti e questo avrebbe dovuto essere il compito anche del Partito democratico italiano.
Questo scenario è affascinante ma anche assai fantomatico. Storicamente somiglia al Risorgimento italiano: chi avrebbe mai pensato nel 1848, che il Piemonte di Cavour da un lato e Giuseppe Garibaldi dall’altro avrebbero fondato lo Stato unitario italiano? Nessuno l’avrebbe pensato in un Paese diviso in sette o otto staterelli, con un popolo fatto di plebi contadine e d’una borghesia appena nascente e interessata più a progetti economici che sociali e politici? Invece accadde, in tredici anni.
Chissà che il miracolo non avvenga anche nell’Europa di domani. Tredici anni sono un lampo anche se sarebbe meglio farlo prima.
***
Ancora qualche parola sulla diatriba riguardante la riforma del Senato. L’archivio storico della Camera dei deputati è molto solerte nello studio dei documenti in sue mani e non rifiuta, se richiesta, di darne notizia al richiedente. Personalmente avevo un vago ricordo di un documento che rimonta ai tempi del governo Dini. Il nostro giornale ne aveva dato notizia a quell’epoca. Comunque adesso ho potuto rileggerlo e merita che i nostri lettori ne conoscano la parte essenziale. Si tratta di una proposta di legge il cui contenuto è rappresentato da queste parole: “ La democrazia maggioritaria deve dispiegarsi appieno per quanto riguarda le scelte di governo, ma deve trovare un limite invalicabile nel rispetto dei principi costituzionali, delle regole democratiche, dei diritti e delle libertà dei cittadini: principi, regole, diritti che non sono e non possono essere rimessi alle discrezionali decisioni della maggioranza ‘pro tempore’”. La proposta fu firmata da una settantina di parlamentari, tra i quali Napolitano, Mattarella, Leopoldo Elia, Piero Fassino, Walter Veltroni e Rosy Bindi. La data è del 28 febbraio 1995.
Questa proposta non fu trasformata in legge e dopo alcuni mesi Dini si dimise, ma il suo valore resta. E se fosse ripresentata oggi? Chi la firmerebbe? E la riforma del Senato che non si limita a puntare sull’elezione indiretta dei componenti ma ne riduce il numero rendendolo insignificante nei “plenum” dove la Camera conta su 630 rappresentanti e ne riduce soprattutto le attribuzioni legislative ben oltre la questione della fiducia al governo riservata alla sola Camera? Reggerebbe questa riforma di fronte ad una legge come quella proposta nel 1995?
Quanto alla legge elettorale che prevede il premio alla lista che avrà il quaranta per cento dei voti espressi, è la prima volta che questo accade; fu solo la legge (fascista) di Acerbo del 1923 ad accordare il premio di maggioranza ad un partito ben lontano dall’avere ottenuto la maggioranza assoluta. Non è anche questa –anzi soprattutto questa – una stortura istituzionale su un sistema monocamerale con gran parte dei suoi componenti nominati dal governo?
Siamo in presenza d’una politica che sta smantellando il potere legislativo a favore d’un esecutivo dove il gruppo di comando si compone di non più d’una decina di persone. Non è una oligarchia ma un cerchio magico di infausta berlusconiana e bossiana memoria.
Arianna sta tra le stelle e le nuvole del cielo, forse era meglio che non si fosse messa in viaggio e tenesse ancora un capo di quel filo.