Repubblica 18.9.15
“Sì al biotestamento” il manifesto dell’intesa tra i laici e i cattolici
Il testo del Cortile dei gentili voluto dal cardinale Ravasi
“Sul fine vita mettere al centro il consenso del malato”
di Caterina Pasolini
ROMA Cardinali e filosofi, scienziati e politici, medici, giuristi e storici. Per mesi uomini di fede e atei convinti, sostenitori dell’eutanasia e oppositori della dolce morte, si sono confrontati sul tema del fine vita. E ieri, in Senato, è stato presentato il frutto di tante discussioni. Si intitola: “I doveri della medicina, i diritti del paziente, linee propositive per un diritto della relazione di cura e delle decisioni di fine vita”. È il manifesto elaborato grazie a numerose riunioni promosse dal Cortile dei Gentili, la fondazione di cui è presidente Giuliano Amato, voluta dal Pontificio Consiglio della Cultura, guidato dal cardinal Ravasi, per favorire il dialogo tra uomini di fede e agnostici.
«È un documento frutto di confronto fra due visioni diverse, ma che va in profondità. Il lavoro viene offerto alla politica e può essere oggetto anche di critiche, ma è il risultato di un dialogo che contribuisce a scavare in profondità nella grandezza della persona e nelle questioni che sollecitano l’antropologia contemporanea ». Così ha detto il cardinal Ravasi ringraziando il presidente del Senato, Pietro Grasso, che dal canto suo ha sottolineato «l’importanza del rapporto medico paziente, di come sia decisivo tenere conto dei principi di dignità, libertà e di salute che possono però esser esercitati pienamente solo quando il malato ha la possibilità di conoscere la propria condizione e di partecipare all’elaborazione del proprio percorso terapeutico. Nella ricerca di una autodeterminazione consapevole che possa arrivare fino al rifiuto delle cure».
Sono infatti questi i punti fondamentali che hanno unito politici come Luigi Manconi, la scienziata Elena Cattaneo, la giurista Laura Palazzani o padre Laurent Mazas. Che hanno dibattuto assieme a docenti di filosofia, Eugenio Mazzarella, alla storica Emma Fattorini e alla filosofa del diritto Laura Palazzani e al professor Paolo Zatti. Uomini e donne dalle storie e visioni di vita profondamente diverse. Convinti dell’importanza della relazione di cura tra medico e paziente, della possibilità di indicare le proprie scelte future, ovvero le direttive anticipate o biotestamento che dir si voglia. Tanto che nel testo è previsto anche un fiduciario per quando non avremo più le parole per dire le nostre volontà. E poi ancora: la proporzionalità delle terapie, la possibilità di rinunciarvi per il paziente, e per il medico quella di fare obiezione di coscienza, ma con la sicurezza che le volontà del malato vengano rispettata. «I medici italiani sono preparatissimi, basta fare un giro negli hospice, ma non vanno lasciati soli sul tema del fine vita», ha detto il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin. Medici in prima linea nelle rianimazioni, dove quotidianamente in mancanza di leggi rischiano condanne o di non poter rispettare i voleri del paziente. E proprio per questo sul rifiuto delle cure nel testo c’è una sorta di appello al legislatore: regoli le situazioni garantendo i cittadini nelle scelte di fine vita e assicurando ai medici la certezza che, secondo criteri di buona pratica clinica, non saranno soggetti a sanzione penale e civile.
E mentre il professor Zatti, esperto di diritto privato e medicina, sottolineava che il documento, frutto di un cammino comune, prevedeva la possibilità di rifiutare idratazione e nutrizione, tra il pubblico seguiva attento e silenzioso Beppino Englaro, che ha dovuto lottare 17 anni per vedere riconosciuta la volontà di sua figlia Eluana. «Ma il clima è cambiato da quando mi occupavo di bioetica», ha commentato Giuliano Amato.