giovedì 17 settembre 2015

Repubblica 17.9.15
Gianni Cuperlo
Il leader della minoranza dem chiede a Renzi di cercare ancora un accordo sull’elettività
“Un’intesa è possibile non vogliamo la crisi tocca al macchinista evitare di deragliare”
intervista di Alessandra Longo


ROMA Cuperlo e adesso cosa succede con le riforme in aula?
«Adesso bisogna portare il treno in stazione ma non vuol dire entrarci sfondando le barriere. Vorrei che il macchinista ne avesse coscienza».
Non pensa che le continue esibizioni muscolari, da una parte e dall’altra, non siano il modo migliore di mettere mano alla Costituzione?
«Penso che il muro contro muro non serve. Ma il punto è rispondere a dubbi che da molte parti si sono espressi su parti della riforma».
Zanda dice che questa storia degli emendamenti è stata una forzatura.
«Saltato l’ostruzionismo sarebbe stato saggio completare il lavoro in Commissione anche per non arrivare in Aula affidandosi al pallottoliere».
Ormai c’è l’Aula, un po’ subita dal presidente del Senato, par di capire. Se l’articolo due è inemendabile, alla minoranza Pd cosa resta da fare per non uscirne ancora una volta con le ossa rotte?
«In gioco non è l’ortopedia della minoranza ma dello Stato. Il rischio è alterare l’equilibrio dei poteri e la coerenza del nostro assetto istituzionale ».
Lei non è senatore. Se lo fosse e se il testo non subisse le modifiche che chiedete lo voterebbe?
«Alla Camera ho criticato punti della riforma ma quando le opposizioni sono uscite abbiamo garantito il numero legale. Più di così. Il mio cruccio è fare una buona riforma. Perché non tentare ancora e nei tempi dati? » La direzione del Pd si conclude sempre con il one man show. I margini per dissentire in questo partito ci sono ancora?
«Se il segretario vuole un voto blindato della sua maggioranza lo può ottenere anche per procura e risparmiando le spese di trasferta. Se invece pensa a una sede dove si ricerca uno sbocco condiviso troverà ascolto e disponibilità».
Una crisi di governo in queste ore è un esito evocato, non probabile ma nemmeno impossibile.
«E sarebbe un errore e una sconfitta. Il Paese non ha bisogno di una crisi di governo. Io dico ripartiamo dal merito. Leggo la proposta di associare al futuro Senato i governatori e i sindaci delle città metropolitane e dico bene. Come spiega Chiti le stesse fonti di nomina dei senatori possono essere differenziate. I sindaci di ogni regione potrebbero eleggere il loro rappresentante. I cittadini scegliere tra i candidati al consiglio regionale quelli che ricopriranno la carica di senatori. E si potrebbero spostare al Senato i rappresentanti degli italiani all’estero. E’ chiaro che queste soluzioni chiedono alcune correzioni parziali dell’articolo 2 ma anche questo aspetto, se c’è una volontà comune e si parte dal merito, può essere un ostacolo superabile ».
Mi sta dicendo che l’articolo due non è un totem? Si può arrivare all’accordo per altre vie?
«Quell’articolo va corretto. Renzi sa che c’è differenza tra una riforma approvata per un voto e una riforma che unisce il Pd e allarga il consenso ad altre forze».
Magari un Renzi bis aperto a esponenti della minoranza Pd potrebbe sedare il continuo stato di belligeranza interno «Ma mica è una questione di posti. Parliamo di principi. Chiunque vede che affidare la decisione sul Quirinale al solo partito che incassa il premio di maggioranza può alterare l’equilibrio e l’efficienza del sistema che si vorrebbe tutelare ».
Renzi è un gran giocatore di scacchi vi ha preso di contropiede non crede? Sel dice che quest’accelerazione era preordinata «Dico al premier che conviene prima di tutto a lui avere più ambizione. Nessuno tocca il governo che va sostenuto ».
Adesso che l’economia è ripartita e qualche posto di lavoro in più c’è, la gente secondo lei capisce il protrarsi di questa spaccatura dentro il Pd?
«Se lei mi chiede quali sono le priorità io le dico aprire corridoi umanitari per chi fugge dalla guerra o contrastare la povertà e aiutare la ripresa. Ma un grande partito deve sapere qual è il suo disegno dello Stato e dell’equilibrio tra poteri e istituzioni. Anche per questo credo che una rottura indebolirebbe il Pd e leverebbe credibilità alla stessa riforma. Serve responsabilità da parte di ciascuno, ma prima di tutto è compito del macchinista evitare che il convoglio deragli nell’interesse dei passeggeri e anche suo».