Repubblica 16.9.15
Sabelli, presidente ANM
Intercettazioni, la battaglia va in aula
“Temono gli ascolti più della corruzione”
È inaccettabile l’idea di un processo pubblico in Parlamento su tutti i casi di ingiusta detenzione
intervista di Luana Milella
ROMA «Questa riforma fa danno alla giustizia ». Comincia così l’intervista col presidente dell’Anm Rodolfo Maria Sabelli.
Intercettazioni per delega: anche Renzi e Orlando si sono ammalati della febbre che prese Berlusconi?
«Non sono un medico, osservo però che l’enfasi su questo tema è diventata eccessiva. Ormai ci si preoccupa più della diffusione delle intercettazioni che dello scandalo dei fatti di corruzione. Non dico che non serva una riforma, ma una delega in bianco, qual è quella in discussione, in tema di uso e riservatezza degli ascolti, non si sa bene a cosa potrebbe portare».
Sicuramente a meno intercettazioni nelle vostre misure cautelari e di conseguenza meno anche sui giornali.
«Se l’obiettivo fosse questo sarebbe grave limitare l’impiego di intercettazioni penalmente rilevanti. Mi auguro che nessuno ci stia pensando ».
Potrà bastare un doppio passaggio in commissione del futuro decreto legislativo?
«No, perché non vincola il governo e non elimina il carattere generico della delega».
È vero, come sostiene la maggioranza, che bisogna ridurre a 3 mesi per i reati normali e a 6 per mafia e terrorismo il periodo dato ai pm per le richieste al gip?
«La politica, incapace di affrontare seriamente i problemi della giustizia penale, crede di risolvere le cose imponendo termini che sono in realtà impossibili da rispettare. La logica è quella di imporre ai procedimenti tempi astratti, senza rimuovere le cause della loro lunghezza. La stessa logica alla base di vecchie proposte, come quella sul processo breve».
Ha visto? Stiamo tornando a Berlusconi. Del resto una voce importante nella discussione legge ce l’hanno gli alfaniani come Costa.
«Le mie sono constatazioni di natura tecnica. Non solo il passaggio da 3 a 6 mesi per alcuni reati non cambia sostanzialmente le cose, ma per di più tra quei reati non ci sono quelli di corruzione e quelli di natura economica, che sono tra i più gravi e tra i più difficili da accertare. A riprova del fatto che questi reati vengono sottovalutati ».
Che impressione le fa l’idea che, in Parlamento, il Guardasigilli terrà una dettagliata relazione non solo sui singoli casi di custodia cautelare, ma anche sulle ingiuste detenzioni?
«Ancora una volta si calca la mano sui presunti errori dei magistrati, giocando sull’equivoco che dietro ogni detenuto poi assolto vi sia l’errore di un collega. Non voglio certo escludere i controlli legittimi, già affidati all’iniziativa ispettiva e disciplinare del ministro. Ma è inaccettabile l’idea di un processo pubblico in Parlamento su tutti i casi di ingiusta detenzione che nella stragrande maggioranza non dipendono da colpa del magistrato».
Non avverte un clima ostile e una voglia punitiva verso la vostra categoria?
«Le riforme processuali e quelle sulla responsabilità, insieme con quelle che sarebbero invece necessarie e non vengono fatte, sono colpi assestati contro la giustizia, al di là delle dichiarazioni di facciata».