Repubblica 12.9.15
Renzi: “Ho i numeri Grasso non ferma tutto”
Ancora scontro nel Pd. Niente intese con la minoranza
Bersani: “Non sono scemo, ma l’articolo 2 si cambia”
Chiti: non voto pasticci. Lotti: si discute, poi decide la maggioranza
di Goffredo De Marchis
ROMA Sui numeri e su Grasso sono puntati gli occhi di Matteo Renzi. La riforma costituzionale passa da lì: dalla maggioranza in bilico dei senatori e dalle scelte del presidente di Palazzo Madama. Al Tg1 il premier ostenta il solito ottimismo, corredato da una lista di precedenti favorevoli: «Approveremo la legge come tutti gli altri provvedimenti presentati fin qui dal governo, alla faccia di chi diceva “non ci sono i voti”». Renzi fa l’elenco: «Da tanto tempo, da un anno e mezzo, mi viene detto non avrai i voti: la legge elettorale si è fatta, gli 80 euro ci sono, il Jobs act... E crescono i lavori, sono più stabili. Ce l’abbiamo sempre fatta e sarà così anche stavolta».
Dunque, secondo il segretario del Pd, è solo questione di mettere a fuoco i dettagli. Roba da tecnici. «L’importante è che nelle prossime settimane si chiuda in terza lettura e il prossimo anno saranno i cittadini a dire se questa riforma del Senato va bene o no». In verità, a Palazzo Chigi sono al lavoro sul pallottoliere. Lo saranno anche nei prossimi giorni. Luca Lotti controlla gli spostamenti e non si perde una festa di partito, lui che preferisce stare sempre dietro le quinte. Perchè? Perchè in questo momento il sottosegretario alla presidenza e braccio destro del premier sa di non poter scontentare nessuno, basta che un senatore scenda dal letto col piede sinistro e la riforma rischia. Perciò è cosa buona e giusta accettare gli inviti di tutti quelli che esercitano o potrebbero esercitare un’influenza sulla partita di Palazzo Madama.
I numeri, infatti, non ci sono. O meglio, sono incontrollabili con certezza anche per via della profonda crisi del Nuovo centrodestra, che conta ben 35 senatori. Nella sede del governo si fanno addizioni e sottrazioni. Alla prima voce si aggiungono alcuni possibili fuoriusciti di Sel (Stefàno e Uras), il rappresentante dell’Idv, gli ex grillini e ovviamente i verdiniani. «E nel Pd dice Renzi ai collaboratori - vedo un clima più disteso. I numeri ci sono già, ma io farò lo sforzo di tenere insieme tutti quelli che vogliono stare dentro al percorso».
Per Renzi «la soluzione è già pronta» e lui si può concentrare, assicura, «su crescita, legge di stabiità e immigrazione ». Ma l’altra incognita resta la decisione di Piero Grasso sull’emendabilità o meno dell’articolo 2, quello che stabilisce che i senatori non siano eletti direttamente dai cittadini. Ieri il presidente del Senato ha confermato i suoi tempi: «Mi fa piacere che qualcuno convenga con me che la decisione la devo prendere io. Quando il testo sarà in aula deciderò ». Non è la risposta che speravano i renziani. Una scelta anticipata del presidente avrebbe messo su altri binari la trattativa con la minoranza. Ma Palazzo Chigi ha segnali da Palazzo Madama che autorizzano il sorriso. Al governo risulta che Grasso farà votare il singolo paragrafo dell’articolo modificato alla Camera nelle preposizioni “nei” e “dai”. Stop. Poi autorizzerà soltanto la votazione finale sul articolo. Niente emendamenti. Se fosse questa la scelta finale «per me è ok», dice Renzi ai suoi fedelissimi. A quel punto sarà più facile procedere con il compromesso annunciato. «Credo che alla fine - spiega il premier - la proposta del listino fatta da Boschi e Finocchiaro sia una buona mediazione. Ci stanno in tanti». Se invece si riapre l’intero articolo 2 a modifiche, sono guai. Ma i tecnici di Palazzo Chigi non credono a questa ipotesi. Sarebbe, dicono, un precedente «che apre la strada a cambiare sempre tutto». Cioè, se una copia conforme, ovvero votato in maniera identitica (tranne le proposizioni) dai due rami del Parlamento viene rimessa in discussone si va «contro la logica del bicameralismo perfetto ».
Un voto “controllato” sull’articolo 2 è ciò che chiede la sinistra pd da tempo. Ma non come immagina Renzi. Vannino Chiti dice che le mediazioni uscite finora sono «un pasticcio». Pier Luigi Bersani insiste: «Non sono scemo. Basta blindare una modifica nel Pd. Nessun vaso di Pandora, ci si mette mezzora».
In sostanza, sullo sbocco rimane il muro contro muro, non ci sono passi avanti. Nessuno. Anche senza emendamenti sull’elettività, il pericolo di una spaccatura e di un voto contrario alla riforma può manifestarsi sul voto finale all’articolo 2. E sarebbe la fine di un percorso già molto lungo. «Se l’obiettivo è cambiare l’articolo 2, non ci incontreremo mai. Se, invece, stiamo al merito e interveniamo su altre parti del testo è possibile trovare una soluzione», avverte il capogruppo alla Camera Ettore Rosato e più chiaro di così non potrebbe essere.
Sono in campo anche i pontieri. Che però escludono l’elezione diretta. «Guardiamo al complesso delle innovazioni possibili che si possono condividere oltre l’articolo 2», dice il ministro delle Politiche agricole Maurizio Martina. «Parlo innanzitutto delle funzioni del nuovo Senato che possono essere irrobustite, del suo carattere di camera delle autonomie ancorata alle istituzioni territoriali e della sua conseguente composizione che può essere migliorata e potenziata».