martedì 8 settembre 2015

La Stampa TuttoLibri 5.9.15
Mario Tronti
Il marxista eretico libero come un monaco
di Enzo Bianchi, priore di Bose


«Dire chiaro il complesso». E questo a partire da tanti «frammenti di vita e di pensiero» perché ormai la realtà appare sempre più esplosa in mille pezzi e ricomporla richiede sì la pazienza del mosaicista (o dell’appassionato di puzzle), ma richiede anche avere le idee chiare sull’insieme che si vuole ricomporre. Mario Tronti nel suo
Dello spirito libero
(Il Saggiatore) si cimenta nell’impresa di «dare al pensiero difficile uno stile facile» e, per ricostruire concettualmente le vicende del Novecento, usa un linguaggio dai molteplici livelli: la dimensione autobiografica è stemperata in un inseguirsi di metafore, rimandi e citazioni ad autori di ogni epoca e cultura, a sostegno di quella che potremmo chiamare un’apologia del «secolo breve» e delle sue categorie che aiutano a capire anche ciò che è accaduto dopo e che si prepara per il nostro futuro.
Tronti è stato definito «marxista eretico», ma direi che è stato e resta soprattutto un appassionato di utopie cui, paradossalmente e tenacemente, trovare un posto nella storia. Così forse si spiega anche il suo rapporto empatico con i tentativi mai realizzati di vivere il radicalismo evangelico, in particolare attraverso la forma antica e sempre nuova dei padri del deserto e del monachesimo: del resto il suo desiderio di andare in profondità per ritrovare nel pensiero e nell’azione un’unità perduta ricorda molto da vicino il faticoso cammino di semplificazione, di unificazione interiore che il monaco combatte ogni giorno.
Così non mi sorprende ritrovare nelle pagine di Tronti un detto di abba Antonio da me sovente citato: «Viene un giorno in cui tutti gli uomini impazziranno e, vedendo uno che non è pazzo, lo assaliranno dicendogli: “Sei pazzo”, per il solo fatto che non è come loro». È per questa sintonia di lucida controcultura che volli chiamarlo a Bose a parlare delle criticità intrinseche dell’euro ben prima che la moneta unica venisse adottata; è per il suo piglio di rigoroso osservatore dei fenomeni umani implicati in ogni scelta economica e politica che volli affidare a lui una sapiente postfazione alla raccolta di testi patristici che Qiqajon dedicò a Povertà e condivisione nella chiesa; è per questa passione di Tronti per l’umano che il lettore si sentirà chiamato a esporsi in prima persona nel ripercorrerne le pagine ricche di vita e di pensiero.
Mario Tronti è un uomo che da sempre pensa quello che dice e dice quello che pensa – accoppiata quanto mai rara e preziosa – un militante anomalo che ha combattuto e combatte non nemici personali ma un insieme che cosidera letale per l’umanità: «una realtà nemica [che nel libro è] individuata sin dall’inizio: il Moderno occupato dal capitalismo, storia che ha portato al fallimento del progetto moderno». Di fronte a tutte le sconfitte che Tronti ha sperimentato e che rievoca con indomita fierezza verrebbe da chiedersi se ne valeva la pena. E la risposta, ancora una volta, è solo quella di Pessoa: «Tutto vale la pena, se l’anima non è piccola!».