La Stampa 8.9.15
Interrogativi mai risolti sempre attuali
di Maurizio Molinari
Con Rabin, The Last Day il regista Amos Gitai pone gli interrogativi irrisolti sull’assassinio del premier israeliano avvenuto il 5 novembre di 20 anni fa. Riguardo alle possibili complicità che favorirono l’assassino Yigal Amir, Gitai pronuncia il nome di Avishai Raviv, l’agente dello Shin Beth - il controspionaggio - sospettato di aver infiltrato i gruppi estremisti di destra e svolto un ruolo da «provocatore» fino all’istigazione del killer a uccidere il premier, ma poi assolto da ogni accusa nel 2003 per sparire letteralmente nel nulla. Al punto che oggi nessuno sa dove si trovi o che cosa stia facendo.
E poi c’è il contesto dell’omicidio di Rabin, a cui Gitai dedica maggiore attenzione, puntando l’indice sull’atmosfera di delegittimazione di Rabin e di fanatismo estremista a cui addebita la responsabilità di aver posto le premesse per l’omicidio. Gitai chiama in causa i leader religiosi ultrà che pronunciarono sentenze contro Rabin - il «Din Rodef» - imputandogli di aver violato il patto che lega Dio e Terra di Israele consegnando parte di quest’ultima ai palestinesi con gli accordi di Oslo del 1993.
È una denuncia dell’estremismo ultra-nazionalista ebraico molto d’attualità in Israele per via della ferita dei «terroristi ebrei», come il premier Benjamin Netanyahu li definisce, responsabili dell’attacco incendiario al villaggio palestinese di Douma nel quale è morto in luglio il piccolo Ali Saad.