mercoledì 30 settembre 2015

La Stampa 30.9.15
Fingere di essere Freud ci fa pensare come lui
Esperimento di realtà immersiva della Sissa di Trieste
di Carla Reschia


Immaginate di essere Sigmund Freud, fategli una domanda e datevi una risposta. I volontari che hanno partecipato agli esperimenti di «embodiment» di Sofia Adelaide Osimo, ricercatrice della Sissa di Trieste, si saranno sentiti in un film, un film con una sceneggiatura un po’ strampalata, come quella scritta da Charlie Kaufman per Essere John Malkovich dove tutti, per un quarto d’ora potevano entrare nella mente del famoso attore e viverne in soggettiva i pensieri e le azioni.
La ricerca, appena pubblicata sulla rivista Scientific Reports, è ovviamente serissima. Si trattava di verificare se l’impersonamento (l’embodiment, appunto) può influire anche sui processi del pensiero. Detto altrimenti: essere un altro ci fa ragionare in maniera differente? La risposta è sì.
Nell’esperimento condotto in collaborazione con l’Event Lab dell’Università di Barcellona, le «cavie» dovevano prima chiedere consiglio su un problema di natura psicologica e poi darsi una risposta vestendo però i panni di Sigmund Freud. Perché proprio lui? «Abbiamo sottoposto dei questionari a un campione con caratteristiche simili a quelle dei soggetti che abbiamo scelto per gli esperimenti. E il padre della psicanalisi è risultato perfetto: autorevole, conosciuto, con un aspetto molto caratteristico».
Per l’esperimento è stata usata la «realtà virtuale immersiva», ovvero una stanza virtuale dove, dotati di casco e sensori, i soggetti dell’esperimento potevano vivere fisicamente la sensazione di trovarsi letteralmente nei panni del dottor Freud.
«E quando impersonavano lo psicanalista viennese, i loro consigli erano molto più efficaci di quando parlavano semplicemente tra sé e sé», spiega la ricercatrice.
Una sorta di gioco di ruolo: nella prima fase di ogni sessione il soggetto era se stesso ed esponeva a Freud un problema di natura psicologica. Subito dopo «saltava» nel corpo di Freud e a quel punto si rispondeva, dando dei consigli. Il soggetto poi tornava dentro se stesso per ascoltare le parole di Freud (la voce era la stessa del soggetto, ma alterata con un tono più basso per non creare confusione). Lo scambio poteva andare avanti per più turni, fino a che il soggetto non era soddisfatto.
«I risultati sono chiari: darsi consigli funziona sempre, ma darseli come Sigmund Freud, funziona di più - spiega Osimo -. Abbiamo dimostrato per la prima volta che l’embodiment è efficace anche su processi cognitivi di alto livello, come problem solving e processi decisionali».
Una nuova prospettiva per il counseling psicologico dove la realtà virtuale potrebbe diventare uno strumento efficace. E anche particolarmente economico. Si faccia una domanda e si dia una risposta. Ci aveva già pensato Marzullo.