La Stampa 30.9.15
Renzi rivendica un ruolo per l’Italia
“Pronti a essere leader in Libia”
Il premier ha chiuso la tre giorni a New York parlando dal podio dell’Onu e ha rinforzato il legame con Mosca: errore pensare un futuro senza la Russia
di Fabio Martini
Con passo lento e meno spavaldo del solito, Matteo Renzi sale sul podio delle Nazioni Unite e il suo volto è subito incorniciato dalle telecamere, con lo sfondo del marmo verde screziato dell’Assemblea generale, quello che si vede ogni volta che parlano i leader del mondo. Affezionato come è alle immagini eloquenti, il presidente del Consiglio ha voluto che quello restasse, per le tv, l’unico Renzi parlante della giornata.
Il premier italiano ha pronunciato un discorso ispirato, dai toni alti, salutato alla fine da un caldo applauso e che era finalizzato a un obiettivo, esplicitamente rivendicato da Renzi: quello di conquistare il consenso di più Paesi possibile, «perché l’Italia è candidata a un seggio non permanente» nel prossimo Consiglio di sicurezza. Anche se nel suo discorso non sono mancati passaggi più politici, come quando ha ribadito - con maggiore chiarezza che in passato e in un contesto solenne - una disponibilità significativa: «Se il governo libico ce lo chiederà, l’Italia è pronta ad assumere un ruolo di guida per garantire assistenza alla stabilizzazione». Come dire: non un soldato italiano, finché non sarà tornata la pace e comunque la disponibilità italiana è quella per un ruolo di peacekeeping. E quanto alla questione epocale dei migranti, il vero «nemico è la paura, non i numeri».
Con Washington e Mosca
Si è così conclusa la missione di tre giorni del premier all’Onu, in occasione della consueta sessione annuale, che questa volta, anziché riproporre il consueto rosario di discorsi retorici, ha rilanciato l’Onu come ombelico diplomatico del mondo. E Renzi torna a Roma, convinto di aver indovinato il posizionamento internazionale, con l’Italia attestata ormai da un anno sulla stessa posizione: l’alleanza storica con gli Usa non si discute, ma senza la Russia di Putin non si va nessuna parte. Una lettura degli eventi confermata da quel che è accaduto negli ultimi due giorni all’Onu: Obama ha fatto un discorso molto apprezzato, ma il vero protagonista è stato Putin, che in questa sede non parlava da 10 anni, e che è riuscito nel «miracolo» di opacizzare la questione-Ucraina, al tempo proponendo con forza il tema della guerra all’Isis.
Bilaterali e consensi
Sette mesi fa, nel momento del massimo isolamento della Russia, Renzi è stato il primo leader occidentale a rientrare al Cremlino e ora che pure Obama si è deciso ad parlare con lo «zar Vladimir», il presidente del Consiglio ha potuto chiudere il cerchio, arrivando a dire ieri in una intervista a Bloomberg: «La Russia ha un ruolo assolutamente cruciale» da giocare su dossier chiave, inclusa la Siria. E ancora: «La Russia è un grande Paese: immaginare un futuro senza Russia è un errore». Ben lontano dai toni di Obama, i passaggi sull’Ucraina: «Dobbiamo preservarne la sovranità e i confini. E per questo è corretto avere delle sanzioni contro Putin». Un alleato prezioso, per Renzi, nella missione che più gli interessa: avere in futuro un ruolo guida in Libia, un Paese che (per petrolio, gas e flussi migratori) è letteralmente strategico per l’Italia.
Una tre giorni proficua per Renzi. Significativo il passaggio a un pensatoio prestigioso come la Clinton Global Initiative, col tributo ricevuto da Bill Clinton («Renzi ha la giusta visione sul futuro dell’Europa e dimostra entusiasmo e una genuina intelligenza»), i bilaterali finalizzati alla «nuova» politica estera (Al-Sisi, Rohani), gli interventi nelle sessioni presiedute da Obama e poi l’intervento finale all’Assemblea. Suggestivo, per chi ascolta, l’incipit: una tirata contro la «dittatura dell’istante», fatta di «sondaggi, tweet, messaggi-spot». Chi ascolta, non sa che chi sta parlando, è un leader che ha fatto la sua fortuna (anche) con tweet, messaggi spot e sondaggi.