mercoledì 2 settembre 2015

La Stampa 2.9.15
Perché Londra ha paura degli stranieri
di Bill Emmott


Com’è imbarazzante avere ministri che parlano a ruota libera con gli organi di stampa usando parole che non si possono controllare.
Questa è una verità eterna valida per i primi ministri di tutto il mondo, ma di certo in questo momento si applica bene al conservatore David Cameron, il primo ministro britannico. Contentissimo com’è per la prospettiva, assai probabile, che il partito laburista il 12 settembre elegga come nuovo leader un ribelle dell’estrema sinistra, Jeremy Corbyn, Cameron sta prendendo coscienza del fatto che i suoi avversari più feroci appartengono non solo al suo stesso partito, ma anche al suo stesso governo.
Questo è il modo corretto per capire le dichiarazioni rilasciate il 30 agosto da Theresa May, il nostro ministro degli Interni, su come vorrebbe limitare il diritto alla libera circolazione nel Regno Unito ai cittadini degli altri Paesi dell’Unione Europea circoscrivendolo solo a chi ha già trovato lavoro. Ha sostenuto che una riforma del genere semplicemente riporterebbe il principio della libera circolazione al suo «senso originario», un senso che solo euroscettici interpretano così.
In realtà ridurrebbe enormemente la libertà di movimento degli italiani, tedeschi, francesi, spagnoli e altri a Londra, dato che non potrebbero venire qui a cercare lavoro, né presumibilmente per creare una propria piccola impresa (come fanno in molti). Ma non c’è motivo di preoccuparsi. Questo non accadrà, a meno che la Gran Bretagna non voti per lasciare l’Unione Europea al famoso referendum del 2016 o del 2017.
David Cameron e il suo ufficio hanno dovuto immediatamente «chiarire» i commenti del loro stesso ministro per rassicurare gli altri governi europei sul fatto che l’unica restrizione è sul diritto dei migranti di rivendicare prestazioni sociali. Egli ha da tempo assicurato ad Angela Merkel che capisce che la Gran Bretagna non ha alcuna possibilità di modificare le regole di base della libera circolazione.
Allora come nasce il commento ribelle di Mrs May? E come mai il primo ministro che a sorpresa solo quattro mesi fa ha trionfato alle elezioni non riesce a controllare il suo governo? La risposta a entrambe le domande sta nella risicata maggioranza parlamentare (12 seggi) detenuta dal governo conservatore. La signora May, e gli euroscettici come lei, vogliono ricordare a David Cameron che esistono, e che il loro sostegno non può essere dato per scontato. Come risultato, un primo ministro, che governa quella che a oggi è la più forte economia dell’Ue in termini di crescita economica e basso tasso di disoccupazione, sta entrando nella stagione politica autunnale mostrandosi debole e incerto. Un’impressione destinata a rafforzarsi nel corso del mese, con l’avvio in Gran Bretagna della sessione annuale delle conferenze di partito, destinata a fornire abbondanti occasioni agli oppositori dell’Ue e dell’immigrazione per far conoscere le loro idee ai media. Alcuni membri del Gabinetto inclusi.
Anche questo sta contribuendo e continua a contribuire, a fare della Gran Bretagna un partecipante piuttosto scostante e, a mio parere, vergognosamente ingeneroso alle discussioni sulla crisi dei rifugiati dell’Europa. Nel 2014, il Regno Unito ha preso solo il 5% del numero totale europeo dei nuovi richiedenti asilo, mentre nel 2008 ne aveva preso il 10% (anche se su un totale inferiore). Negli ultimi sondaggi, l’ampia questione dell’immigrazione ha superato l’economia e il lavoro come preoccupazione principale. E nella pubblica opinione, non esiste una vera distinzione tra rifugiati siriani, manovali bulgari e ingegneri informatici italiani.
Sono tutti immigrati e contribuiscono alla sensazione che la Gran Bretagna stia diventando un Paese più affollato. Questo è aggravato dal fatto che, nonostante la forte crescita economica, i salari dei normali cittadini britannici solo di recente hanno iniziato a salire, così da favorire la tentazione di incolpare la concorrenza degli immigrati per la scarsità dei redditi.
Questo potrebbe cambiare con l’accelerazione della ripresa economica, aiutata dal calo dei prezzi del petrolio e anche, forse, da una certa ripresa economica nella zona euro. Ma è improbabile che cambi abbastanza in fretta per aiutare David Cameron a superare il suo autunno caldo. Deve combattere gli oppositori all’interno del suo governo e, al tempo stesso, negoziare con il Cancelliere Merkel e gli altri leader europei le riforme che faranno sì che l’Unione europea funzioni meglio e convincere i britannici a votare per restarci. Nessuna di queste cose sarà facile da ottenere.
traduzione di Carla Reschia