lunedì 28 settembre 2015

La Stampa 28.9.15
Quando Francesco fa la storia a 10 mila metri
Sull’aereo di Bergoglio tra selfie, chiacchiere, cibo diviso fra tutti e conferenze stampa senza regole Con lui viaggiano 20 collaboratori, 70 giornalisti e la sua inseparabile vecchia borsa nera
di Andrea Tornielli


Pensando all’Air Force One, l’hanno ribattezzato Shepherd One, cioè «Pastore Uno». È l’aereo dell’American Airlines che ha portato Francesco sui cieli d’America e quindi a Roma. La scritta era esibita con orgoglio anche dai tecnici a terra, cucita sui loro giubbotti gialli. Ma sia il Boeing 777 dell’American Airlines, come l’Airbus 330 dell’Alitalia usato per il volo di andata, da Roma a Cuba, hanno poco o nulla a che fare con il velivolo dei Presidenti Usa.
Il Papa non possiede un aereo proprio e quello che di volta in volta utilizza per le sue trasferte non presenta allestimenti speciali. Non ci sono sale riunioni, né camere da letto, anche se fino a qualche anno fa, quando i sedili si potevano smontare con più facilità perché non contenevano cavi e fili, per i voli più lunghi un letto veniva allestito.
Oggi Francesco può riposare sulla poltroncina bianca della Business Class che si trova subito accanto al portellone d’ingresso, e non ha alcuna difficoltà a prendere sonno.
Sulla parete che si trova di fronte viene attaccata un’icona di Maria. Il volo Alitalia con sigla AZ4000 accompagna il Papa all’andata, la compagnia di bandiera del Paese visitato provvede al ritorno. Quando non c’è, o quella che c’è non risulta abbastanza sicura, è la nostra compagnia a fare tutto.
A bordo
Con Francesco viaggia un seguito composto da una ventina di collaboratori. Ci sono l’aiutante di camera, Sandro Mariotti, il cardinale Segretario di Stato e il Sostituto, il portavoce padre Federico Lombardi, il direttore del Centro Televisivo Vaticano Dario Viganò, il medico personale del Papa. Altri due personaggi immancabili sono l’organizzatore dei viaggi papali, Alberto Gasbarri, gentleman alto e discreto, e il comandante dei gendarmi vaticani, Domenico Giani, alla guida della squadra incaricata della sicurezza del Pontefice.
I bagagli di Francesco vengono caricati nella stiva. Comprendono non soltanto i suoi vestiti ma anche alcuni paramenti, il bastone pastorale e i doni, talvolta voluminosi, che il Papa donerà ai Capi di Stato e ai vescovi. Questa volta c’erano anche i libri e i cd per Fidel Castro.
Bergoglio porta da sé in cabina la vecchia borsa nera con gli effetti personali, tra cui il rasoio che usa due volte al giorno: la mattina alle 4,30 quando si sveglia, e nel primo pomeriggio dopo la siesta. Non vuole che la barba punga i bambini che saluta.
Segni distintivi del volo papale sono i poggiatesta e i cuscini bianchi con lo stemma pontificio ricamato in rilievo. Anche il menù, stampato su cartoncino, porta impresso lo stemma del Pontefice. Hostess e stewart sono scelti tra il personale con più esperienza. Ogni volo si conclude, per ciascuno di loro, con una foto seduti accanto al Papa, che non manca mai di entrare nel cockpit per salutare i piloti.
Con Francesco volano anche una settantina tra giornalisti, fotografi e cameramen delle principali tv e testate del mondo. Contribuiscono in maniera consistente alle spese del volo: pagano un biglietto intero di prima classe, anche se poi viaggiano in coda. Ci sono soltanto pochi posti pre-assegnati, per fotografi, cameramen, radio e agenzie. La maggior parte è libera e chi primo sale sull’aereo meglio alloggia.
Risposte a ruota libera
Benedetto XVI faceva subito dopo il decollo una piccola conferenza stampa, negli ultimi anni con domande inviate in precedenza e selezionate da Lombardi. Francesco preferisce farla sul volo di ritorno, per evitare che una risposta male interpretata rischi di sviare l’attenzione dai contenuti del viaggio.
Non vuole conoscere prima le domande e dialoga senza rete in italiano con i cronisti per oltre un’ora: di solito per interromperlo viene usata la scusa della cena da servire. I giornalisti si dividono per gruppi linguistici, all’interno dei quali scelgono tra di loro, a rotazione, chi farà le domande, cercando di evitare inutili doppioni. Con i Papi Wojtyla e Ratzinger, il volo di ritorno per i giornalisti al seguito significava finalmente relax.
Con Francesco diventa una maratona di lavoro: bisogna trascrivere l’intervista, confrontare con i colleghi questa o quella frase, scrivere gli articoli da trasmettere appena toccato terra.
Molto più personale è l’incontro sul volo di andata, quando Francesco si presenta in coda all’aereo per salutare uno ad uno i giornalisti. Percorre lentamente i corridoi e scambia qualche parola con ciascuno, accompagnato da un paio di collaboratori ai quali passare i doni, le lettere, i biglietti e i libri che riceve.
C’è chi gli chiede preghiere, chi un selfie, chi gli fa ascoltare la voce dei figli piccoli che lo salutano registrata sullo smartphone; chi gli fa vedere la nuova App con gli emoticon papali a fumetti sentendosi rispondere «sono molto meglio lì che nella realtà». Il giornalista di Telemundo, gli consegna una copia dell’Emmy Awards vinto per l’ottima copertura televisiva del conclave.
Sul volo Roma-L’Avana la giornalista della catena televisiva Univision ha regalato al Papa una grande scatola di «empanadas», i fagottini di pane ripieni di carne, tipici dell’Argentina. Francesco non ci ha pensato due volte e le ha subito passate alle hostess perché fossero scongelate, divise a pezzetti e offerte a tutti come antipasto.