La Stampa 26.9.15
Il premier: non taglio la sanità
I medici aiutino non scioperino
«Noi stiamo mettendo più soldi, non meno soldi nella sanità. Se i medici vogliono dare suggerimenti, facciano. Si può fare senza che si arrivi allo sciopero». Matteo Renzi tende la mano dopo le polemiche sul decreto sulla sanità varato dal governo, che ha creato la sollevazione della categoria. Intervistato dal Tg5, il premier spiega che «se i medici ci vogliono suggerire modi diversi per tagliare gli sprechi, saremo ben felici di ascoltarli senza che si arrivi allo sciopero. Penso troveremo agevolmente un punto di intesa, ma deve essere chiaro che noi stiamo mettendo più soldi nella sanità, non meno. Quelli che mettiamo, spendiamoli meglio». A sostegno della sua tesi, il premier elenca i numeri, «nel 2013, 106 miliardi, nel 2014, 109, più 3%, nel 2015, 110 miliardi e il prossimo anno 111 miliardi. Nella sanità i soldi non sono tagliati, ne abbiamo messi di più ma la gente invecchia, ha bisogno di cure, quindi dobbiamo trovare criterio per fare cose che servono davvero».
Prima di partire per il suo viaggio in America, il premier si mostra fiducioso sulla riforma che tiene banco in questi giorni, quella del Senato, dicendosi convinto che «non ci saranno problemi. Le riforme andranno avanti, sono un tentativo di rendere il paese più semplice e giusto, un po’ meno politici e un po’ più concretezza per i cittadini. I tempi vengono rispettati finalmente». Batte sul tasto di quanto siano fondamentali per la ripresa, perché «finalmente le riforme portano alla crescita economica del Paese, finalmente siamo al segno più, finalmente l’Italia non è più il problema: oggi nel mondo il problema sono gli altri, non più gli italiani e di questo dobbiamo essere felici e orgogliosi». E torna sul punto più volte ribadito, «la principale riforma è restituire fiducia. Se gli italiani dopo tanto tempo vedono tornare a crescere i consumi è perché i tanti soldi da parte, fermi in Italia tornano a girare, si rimette in modo l’economia reale e noi diventiamo il Paese più forte dell’Ue».
[r. i.]