lunedì 21 settembre 2015

La Stampa 21.9.15
Mujica all’Europa: “I migranti?
Una soluzione, non un problema”
L’ex presidente uruguaiano a Expo per parlare di agricoltura
di Alberto Mattioli


Nei suoi 80 anni di vita, l’uruguaiano José Alberto Mujica Cordano, per tutti «Pepe», è stato guerrigliero e ministro, prigioniero politico per 14 anni e Presidente della Repubblica per cinque, dal 2010 al 2015, durante i quali ha istituito il matrimonio gay, legalizzato la marijuana ed è diventato un’icona progressista mondiale. Era il «presidente campesino», che viveva nella sua fattoria invece che a Palazzo, si era autoassegnato uno stipendio di 800 euro al mese, rifiutava di mettersi la cravatta e si spostava su un vetusto Maggiolino. Mujica è a Milano per due giorni. Ieri, scortato da Andrea Olivero, viceministro delle Politiche agricole, ha visitato Expo e inaugurato la mostra su «Un orto nella rete», il progetto di agricoltura sociale di Snam. Di agricoltura sociale riparlerà anche oggi, sempre a Expo. Nel frattempo, ancora e sempre senza cravatta, ha dispensato battute e saggezza. Non tutti sono d’accordo con quel che dice, nessuno nega che lo dica con una simpatia travolgente. 
Presidente, Expo le è piaciuta?
«Per ora ho visto poco, soprattutto molta gente. Però è importante il tema dell’agricoltura. Perché l’agricoltura è il cibo della gente. E se il cibo l’abbiamo, nessuno se ne cura; se manca, ce ne accorgiamo subito».
Per questo è venuto a parlare di agricoltura sociale?
«Certo. Ma bisogna prenderla un po’ alla lontana. Il primo esercito professionale fu istituito a Babilonia o a Baghdad, insomma da quelle parti. Il suo compito era quello di far pagare la tasse ai campesinos, ai contadini. E la storia è continuata così fino a oggi. Ora è arrivato il momento di restituire qualcosa ai contadini. Il problema è che siamo tutti urbanizzati nella testa. Così ovunque nel mondo la gente abbandona le campagne e va in città. Adesso bisogna urbanizzare le campagne, cioè portare lì i servizi sociali, gli ospedali, le scuole. Altrimenti in campagna non resterà nessuno».
A proposito di gente che emigra: se fosse un dirigente europeo, cosa farebbe di fronte alle masse umane che premono alle frontiere?
«Io credo che prima si deve cambiare la testa degli europei, perché capiscano che l’accoglienza non è una questione di solidarietà. Per secoli, l’Europa ha mandato i suoi giovani a popolare il mondo. Adesso gli europei sono sempre più vecchi e fanno sempre meno figli. La popolazione attiva è ormai minoritaria. Quindi le strade possibili sono due. O il settore attivo della popolazione aumenta di molto la sua capacità di produrre ricchezza e di sopportare il peso fiscale, cosa che mi sembra improbabile...»
Oppure?
«Oppure i vecchi del futuro se la passeranno molto male. Per questo dico che è un problema di mentalità. Passato lo choc, prima gli europei capiranno che l’immigrazione non è solo un problema ma anche una possibilità e meglio sarà per tutti».
Altro tema di giornata: il suo amico Francesco a Cuba.
«È un’ottima cosa che abbia fatto questo viaggio. E non solo per il mondo cattolico. Francesco sta combattendo una battaglia per rompere i pregiudizi e abbattere le barriere. Il suo sforzo di ringiovanire la Chiesa fa bene alla Chiesa ma anche al mondo, è un tentativo di renderlo più giusto. Per questo simpatizzo con Papa Francesco. Anche se sono ateo».
C’è chi dice che, quanto a stile di vita, lui si sia ispirato a lei.
«Ma no! Chi conosceva Bergoglio prima che diventasse Papa sa bene come si comportava. Lui è così. Il suo modo di vivere non è uno spettacolo».
Veniamo a lei. Cosa l’ha resa più fiero dei suoi cinque anni da Presidente?
«Che nel mio Paese la povertà è diminuita».
Ha qualche rimpianto?
«Moltissimi. Come tutti, credo. Noi uomini sogniamo molto di più di quello che riusciamo a fare».
Nei suoi anni in galera, qual è stato il momento peggiore?
«Credo quando mi dissero che un compagno cui volevo bene era morto».
Ultima domanda: viaggia ancora in Maggiolino?
«Su quel Maggiolino io ci morirò. È talmente vecchio che potrei comprare i pezzi di ricambio in farmacia! D’altronde ormai sono vecchio anch’io, e un vecchio che va ai 150 all’ora è un pericolo per tutti. Visto che la mia macchina non fa più dei 70, sono tutti al sicuro. Ma in realtà di Maggiolini ne ho due. Uno è quello che mi fu regalato quando fui eletto Presidente».
E l’altro?
«L’altro è quello che avevo prima. Ma l’ho prestato a un amico».