La Stampa 19.9.15
Scrivere a mano, toccasana per il cervello
Solo i medici non impareranno mai a farlo
di Giacomo Poretti
Il dettato ai miei tempi era una fissa e aveva tutta una sua liturgia. Ascoltavamo la maestra, intingevamo il pennino nel calamaio che di solito era pieno di mosche morte, scrivevamo e asciugavamo con la carta assorbente; poi ancora ascoltavamo, intingevamo, scrivevamo, asciugavamo e così via. Io preferivo i temi, e trovavo il dettato un po’ noiosetto: però ero un soldatino, e obbedivo. E poi in fondo non mi dispiaceva. Mi ha insegnato anche la bella calligrafia. Non vorrei tirarmela, ma da grande ho letto l’Idiota di Dostoevskij e quando chiedono al principe Myškin che cosa sappia fare lui risponde di essere un calligrafo. Era addirittura una professione.
Ancora oggi mi sforzo di scrivere a mano perché temo che, se smettessi, perderei qualcosa nel funzionamento del cervello. Quindi bentornato caro, vecchio, utilissimo dettato. Scrivendo bene, mi sono convinto che solo chi ha una bella calligrafia può fare certi mestieri, e infatti ricordo che i miei compagni che scrivevano da far schifo hanno fatto tutti i dottori. Ho fatto l’infermiere in ospedale per undici anni e assicuro che i medici non sanno scrivere. Dovrebbero essere obbligati a usare solo il computer. A loro non serve il ritorno del dettato: sono un caso disperato».