venerdì 18 settembre 2015

La Stampa 18.9.15
Scout e chirurghi al lavoro per evitare che scorra il sangue
Tentativi di mediazione di Palazzo Chigi: dialogo a 360 gradi
di Carlo Bertini, Ugo Magri


Perfino nelle guerre vere c’è chi, di nascosto, negozia la pace. Figurarsi perciò se nella lite sul Senato elettivo possono mancare quanti, senza dare nell’occhio, studiano una via d’uscita che risparmi all’Italia un eccesso di stress. Altrettanto ovvio che, nella patria del diritto, la formula magica venga cercata tra le pieghe e i codicilli della riforma Boschi. Proprio lei, la ministra che mai parla a caso, ieri ha detto al «Corsera» che «perché no?», perfino il nodo dell’articolo 2 potrebbe essere in qualche modo allentato. Per esempio, ipotizzano ambienti della maggioranza Pd, sarebbe possibile intervenire su quel comma che nel confuso viavai tra Camera e Senato venne modificato, un «nei» diventò «dai», e tuttavia quella correzione così minuscola, anzi microscopica, renderà comunque indispensabile tornarci su con una nuova votazione. Tanto vale dunque approfittarne (è il ragionamento dei «pontieri») per inserirci qualcos’altro, una correzione che metta tutti d’accordo, sotto forma di richiamo all’«indicazione diretta» dei futuri senatori: un po’ meno dell’«elezione diretta» chiesta dai dissidenti Pd, ma molto di più del nulla contenuto nel testo attuale. L’articolo 57 quinto comma della Costituzione verrebbe modificato in modo da affermare il principio. Le modalità concrete di elezione verrebbero invece demandate alle varie Regioni.
Alta chirurgia
I «pacifisti» hanno tempo. Prima del 23 settembre non inizieranno le votazioni sulla riforma, successivamente Calderoli illustrerà in aula il suo mezzo milione di emendamenti, col risultato che si stringerà verso fine mese, probabilmente dal 29. Per quella data la mediazione sarà nero su bianco. Chi la sta scrivendo anticipa che molto ricorda la «correzione chirurgica» su cui Tonini per la maggioranza, e Chiti a nome dei dissidenti, avevano convenuto nei giorni scorsi. Però servirà il via libera della «ditta» cioè di Bersani e di Renzi dall’altra; in caso contrario non se ne farà nulla. Il premier pare non sia contrario. Anzi, da Palazzo Chigi fanno sapere che tutte le opzioni di dialogo a 360 gradi sono aperte per superare nei tempi previsti il passaggio del Senato. E che si registra un clima positivo: dimostrata la forza numerica è tempo di portare a casa la riforma, coinvolgendo ancora di più, trovando un terreno comune. E i dissidenti Pd si augurano che il totem dell’articolo 2 possa essere superato.
Campagna acquisti
Per essere più persuasivo, Renzi tiene alto il pressing sui senatori incerti. Se trattativa dev’essere, vuole che appaia come generosa concessione e mai come cedimento. Ha già conquistato alla causa un paio di ex grillini e tre che fanno capo a Tosi, ma non si ferma qui. Ieri è dovuto intervenire Berlusconi in persona per evitare in extremis che un senatore forzista della Puglia, Amoruso, passasse sull’altra sponda. Però la differenza che si coglie a occhio nudo è proprio questa: mentre nell’aula di Palazzo Madama c’è Verdini che fa «scouting» presentandosi quale emissario del premier, mostrando liste, agitando foglietti e distribuendo pacche sulle spalle,sul versante di Forza Italia sono in pochi a battersi per motivare le truppe. O per offrire una sponda ai centristi dissidenti che l’altra sera si sono visti in segreto a casa del senatore Marino: da Gentile a Viceconte, da Colucci a Di Biagio alla Marcucci... C’era pure Casini, ma che stia con la fronda nessuno ci crede.
Grillo e il Colle
«Confidiamo in Mattarella», scrive il leader dei Cinque Stelle sul suo blog. Sollecita l’intervento del Quirinale per dare una lezione a Renzi che vuole insegnare il mestiere al presidente del Senato. Pare escluso però che Mattarella dia retta a Grillo e si intrometta nelle scelte di Grasso. Spiegano i frequentatori del Colle: «Il Capo dello Stato non si considera un secondo grado di giudizio rispetto ai presidenti delle due Camere». A ciascuno il suo.