giovedì 17 settembre 2015

La Stampa 17.9.15
Certezze e incognite sulla strada del premier
di Marcello Sorgi


Dopo la decisione di Renzi di accelerare, la riforma del Senato approda oggi in aula a Palazzo Madama in un clima di scontro: tra maggioranza e minoranza Pd, tra governo e opposizioni, anche se già ieri sera, quando la conferenza dei capigruppo ha confermato il calendario deciso a Palazzo Chigi, gli allibratori cominciavano a scommettere sul fatto che alla fine il premier la spunterà. Seguendo lo stesso percorso dei precedenti bracci di ferro con i suoi oppositori interni: direzione del partito in cui lunedì la sua linea passerà con largo appoggio, monito alla minoranza sui rischi di crisi di governo con aggiunta di elezioni anticipate, appello rivolto alla base del partito contro la resistenza dei bersaniani che effettivamente buona parte degli iscritti non condivide.
Ma la vera carta da giocare per Renzi sono le opposizioni: esclusi ovviamente Movimento 5 stelle e Lega, che faranno la loro battaglia in aula, gli altri gruppi, a cominciare da Forza Italia, a parole sono fermamente contrari alla riforma ma in realtà cercheranno di evitare che il governo inciampi. Inoltre il leader di Ncd-Area popolare Angelino Alfano è andato al Tg3 per dire che, malgrado quel che si continua a dire e scrivere sulle spaccature nei suoi gruppi, i senatori centristi, salvo qualche eccezione assolutamente fisiologica, voteranno a favore del testo e non insisteranno per ottenere modifiche all’Italicum, che del resto Renzi non ha alcuna intenzione di concedere.
Resta da vedere cosa deciderà il presidente Grasso sulla questione degli emendamenti all’articolo 2, dopo che la presidente della commissione Affari istituzionali Finocchiaro li aveva dichiarati inammissibili. Ieri intanto le opposizioni, in testa Calderoli che ne aveva preparati mezzo milione, hanno deciso di ritirarli, cercando, senza riuscirci, di ostacolare l’accelerata del governo e proseguire la discussione in commissione. Ma nulla esclude che non li ripropongano in aula. A meno che Grasso, che continua a tacere, non tagli la testa al toro, pronunciandosi contro l’emendabilità dell’art. 2.