La Stampa 16.9.15
Battaglia sulla Spianata sacra
Hamas: Israele vuole la guerra
A Gerusalemme terzo giorno di scontri alla moschea di Al Aqsa
Decine di feriti. Il re di Giordania: basta provocazioni o reagiamo
Nel 1990 gli scontri provocarono 23 morti e innescarono una crisi gravissima
di Maurizio Molinari
Battaglia fra militari israeliani e dimostranti palestinesi sulla Spianata delle Moschee nel secondo giorno del Capodanno ebraico. I disordini iniziano poco dopo l’alba. Gruppi di palestinesi lanciano sassi e mattoni contro i soldati all’entrata della Porta di Mughrabi da cui accedono i turisti. La reazione dei militari è inseguirli ma appena entrano sulla Spianata si trovano sotto una pioggia di sassi, mattoni, assi di ferro e petardi incendiari che arriva dall’interno della moschea di Al Aqsa. È un attacco agli agenti possibile perché nella notte precedente gruppi di palestinesi erano entrati nella moschea, barricandosi e trasformandola in fortino.
«Bruciati i tappeti sacri»
La scelta della polizia è schierare reparti anti-sommossa davanti all’entrata di Al Aqsa e lanciarvi dentro lacrimogeni e ordigni assordanti. Inizia una battaglia nel patio di entrata della moschea che si conclude quando gli agenti riescono a superare le barricate create nei portoni, arrestando gli autori dei disordini. Alle 8 del mattino, quando i turisti iniziano ad arrivare, il selciato di marmo davanti ad Al Aqsa è coperto di detriti che descrivono la violenza degli scontri.
Le versioni su quanto avvenuto divergono. Omar Kiswani, direttore dell’ente islamico «Waqf» per Al Aqsa, parla di «finestre e portoni danneggiati dagli israeliani» che, secondo fonti palestinesi citate da «Maan», «sono entrati nella moschea calpestando i tappeti, arrivando al pulpito dei sermoni». Alcuni palestinesi postano online immagini di tappeti «bruciati dagli israeliani». Luba Samri, portavoce della polizia israeliana, ribatte che «non vi è stata violazione del luogo sacro» e «gli incendi sulle barricate sono stati causati dai petardi incendiari lanciati dai violenti che hanno aggredito agenti e turisti».
È il terzo giorno di seguito che si ripete tale dinamica di scontri attorno alla Moschea di Al Aqsa - in coincidenza con il Capodanno ebraico - ma con un’intensità in crescendo che ha visto ieri almeno 5 ufficiali israeliani e 36 palestinesi feriti. A rendere incandescente la situazione è l’identità del posto: la Spianata è il terzo luogo sacro dell’Islam e coincide con il luogo più sacro per l’ebraico perché si tratta del Monte del Tempio dove sorgeva il Tempio di Gerusalemme distrutto dalle legioni di Tito nell’anno 70.
Proteste di turchi e sauditi
Sami Abu Zuhri, portavoce di Hamas a Gaza, parla di «dichiarazione di guerra da parte di Israele» a cui «gli arabi devono rispondere». Khaled Mashaal, leader di Hamas all’estero telefona al presidente palestinese Abu Mazen per coordinare la risposta. «Israele prepara la totale annessione della Spianata delle Moschee - osserva Hanan Ashrawi, veterana dell’Olp - ma gioca con il fuoco».
Per il re giordano Abdallah, a cui il trattato di pace con Israele del 1994 affida l’autorità religiosa della Spianata, sono «provocazioni» che «potrebbero spingerci a contromisure». L’Arabia Saudita accusa Israele di «volersi impossessare delle moschee sacre» e il leader turco Erdogan chiama il Segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon: «Fermate i sacrilegi». A temere che l’escalation continui è il Dipartimento di Stato Usa chiedendo «a tutte le parti di contenersi». Israele prevede nuove violenze in vista delle festività ebraiche di Kippur e Soccot e, con una riunione dei consiglieri della sicurezza, il premier Benjamin Netanyahu ordina un rafforzamento di agenti.