sabato 12 settembre 2015

La Stampa 12.9.15
La minaccia di Lotti ai ribelli Pd“Potremmo rivolgerci ad altri”
Riforma del Senato, Grasso precisa: “Sugli emendamenti decido io”
di Carlo Bertini


Matteo Renzi continua a battere sul tasto della ripresa economica finalmente agganciata, «l’Italia ha finalmente svoltato, dopo tanti anni la nostra economia ha di nuovo il segno più su pil, occupazione, export», dice al tg1. Il premier è convinto infatti che con il paese che «torna a pensare sul lungo periodo come dimostra la crescita dei mutui», la battaglia dei dissidenti Pd sul modo di eleggere i nuovi senatori non scalda gli animi e che il popolo sia dalla sua. Non sorprende dunque che Renzi si mostri sicuro di farcela malgrado i tamburi di guerra ieri abbiano ripreso a tuonare. «Ogni volta mi viene detto “non avrai i voti”, sulla legge elettorale, sul jobs act, sugli 80 euro. E alla faccia di chi lo diceva ce l’abbiamo sempre fatta e succederà così anche stavolta, le questioni tecniche si stanno discutendo e il prossimo anno saranno i cittadini a dire col referendum se questa riforma del Senato va bene o no».
L’avviso ai naviganti
Ma nel Pd è di nuovo battaglia, la mediazione con la minoranza procede solo sulle funzioni più allargate che deve avere il Senato, anche se la Boschi si dice «ottimista» che si troverà un accordo. Tutto si riduce a un punto e su quello si può spaccare il Pd e può ballare il governo: per usare le parole del capofila dei ribelli, Vannino Chiti, «io voglio che siano i cittadini a eleggere i senatori. Governo e maggioranza Pd sostengono che devono essere i consigli regionali». Su questo Renzi non tratta, «se l’obiettivo della minoranza è solo cambiare l’articolo due non ci incontreremo mai», chiude i giochi Ettore Rosato. E a usare il pugno duro contro chi come Bersani dice che non voterà la riforma se non cambia l’articolo sub judice, è il braccio destro del premier, Luca Lotti, perché «se ci sarà bisogno di rivolgerci ad altre forze politiche, lo faremo», avverte, evocando il soccorso azzurro e dei verdiniani. «Se la “ditta” - dice rivolto a Bersani e D’Alema - andava bene ieri deve andare bene anche oggi. La guida del partito deve essere rispettata dalla minoranza e a chi ci dice “questa linea non va bene” rispondiamo che per questo c’è il congresso». Dunque la richiesta di una resa incondizionata alla fronda Pd, ma anche a quella non meno preoccupante che cova in seno a Ncd, dove sono in molti, da Formigoni in giù a volere il Senato elettivo.
Grasso infastidito
Parole dure quelle di Lotti, cui si aggiungono quelle di Anna Finocchiaro rivolte ai «compagni», perché il nuovo Senato è quello voluto anche dall’Ulivo e prima dai Ds anche quando c’era il porcellum, a dispetto della tesi secondo cui con l’Italicum e il Senato non elettivo «staremmo operando una scelta pericolosa». Sulla riforma costituzionale, quando si arriverà alla stretta finale in aula, a Palazzo Chigi sono pronti schemi di gioco diversi, a seconda se Grasso dirà che articolo 2 è emendabile o se chiuderà la porta alle migliaia di emendamenti in campo. Dunque le parole del presidente del Senato, «quando sarà il momento deciderò io», condito dalla chiosa «mi fa piacere che qualcuno convenga con me che la decisione la devo prendere io», suonano come la reazione infastidita di chi sente il fiato sul collo di un pressing incalzante da parte del governo.