martedì 29 settembre 2015

Il Sole 29.9.15
Catalogna, indipendentisti spaccati
La sinistra di Cup, necessaria per governare, boccia il governatore uscente Mas
di Luca Veronese


BARCELLONA Il voto in Catalogna che doveva essere un plebiscito a favore dell’indipendenza sta mettendo i forte difficoltà Artur Mas. E rischia di stravolgere i piani di tutto il fronte secessionista. Dopo i proclami della campagna elettorale, il leader catalano, alla testa dello scontro con la Spagna e con il governo di Mariano Rajoy, è stato bocciato ieri dalla sinistra estrema autonomista, alleato scomodo ma indispensabile per proseguire il processo verso la sovranità della regione.
Il Cup, Candidatura di Unità Popolare, da sempre contraria a sostenere Mas come governatore della regione aveva confermato a caldo che «solo il processo verso l’indipendenza è imprescidibile, mentre le persone e anche il signor Mas, sono prescindibili». E ieri Antonio Banos, il capo carismatico di questa formazione antagonista, è stato ancora più chiaro, smorzando le grida di vittoria del fronte indipendentista.
«Non sosterremo alcuna dichiarazione unilaterale di indipendenza - ha detto Banos - perché non abbiamo vinto il plebiscito. Non abbiamo raggiunto il 50% dei voti». Tuttavia, «l’indipendentismo in Catalogna è l’opzione maggioritaria con una maggioranza consistente di voti a favore del processo costituente», ha detto ancora Banos riferendosi a Podemos. Il movimento antisistema di Pablo Iglesias, in queste elezioni, ha infatti sostenuto «il diritto a decidere dei catalani». E ieri lo stesso Iglesias ha promesso di convocare un referendum in Catalogna sull’indipendenza se riuscirà a conquistare il governo nazionale.
«Ha vinto l’indipendenza, ha vinto la democrazia», aveva detto Mas dopo il voto. Ma i risultati sono molto controversi. La coalizione secessionista Junts pel Sì, Uniti per il Sì - formata da Convergencia e dalla sinistra repubblicana - ha perso infatti nove seggi nell’assemblea regionale fermandosi a 62 rappresentanti contro 71 della legislatura appena terminata. E per questo è costretta a chiedere aiuto a Cup, che invece è salita a 10 seggi, per raggiungere la maggioranza assoluta di 68 seggi nel parlamento catalano e per governare la Generalitat. A rendere ancora più incerta la vittoria degli indipendentisti è inoltre - come ha ricordato Banos - la mancanza di una maggioranza nella popolazione: nel suo complesso infatti il fronte indipendentista ha raccolto solo il 47% dei voti.
Mas deve dunque accettare di fare un passo indietro dopo aver promesso ai suoi sostenitori che in pochi mesi avrebbe «messo le basi per la costruzione di un nuovo Stato catalano». Anche gli indipendentisti guardano alle elezioni generali, che si terranno in tutta la Spagna a fine dicembre, per trovare una sponda nel nuovo governo che si insedierà a Madrid. In questo senso, le aperture di Podemos si sono aggiunte alla linea del Partito socialista che da mesi chiede una riforma in senso federale del sistema Stato-regioni anche per rispondere alle rivendicazioni catalane.
Il premier Rajoy ha infatti sempre chiuso ogni possibilità per la Catalogna di arrivare all’indipendenza, bloccando - con il pieno appoggio delle leggi e della Corte Costituzionale - le inziative catalane: dallo Statuto della nazione catalana al referendum che si doveva tenere nel 2014. Ma anche per Rajoy, come per Mas, la rigidità non ha pagato.
Nel voto di due giorni fa che ha spaccato, come mai era accaduto in passato, la Catalogna, e sta complicando una vicenda già molto tesa, un dato è infatti del tutto chiaro: il premier Mariano Rajoy e il suo Partito popolare sono in gravissima crisi. A certificarlo dopo la batosta alle amministrative di maggio sono i nove seggi persi nella regione più ricca della Spagna. Le accuse di corruzione, la nascita di movimenti di protesta come Podemos ma anche come Ciudadanos, forza unionista diventata il primo partito in Catalogna, e gli anni di austerity sembrano pregiudicare la riconferma di Rajoy alla Moncloa. Nonostante la rapida ripresa economica della Spagna con il Pil in crescita di oltre il 3% già quest’anno.
Ieri Rajoy si è detto disposto a dialogare con il prossimo governo catalano. «Ci sono molte cose che possono essere discusse - ha detto il premier spagnolo - sono pronto ad ascoltare ma non ad andare fuori dal perimetro della legge. Finché sarò premier, non discuterò mai dell’unità della Spagna o di sovranità nazionale». In pochi mesi tuttavia molte cose potrebbero cambiare in Catalogna e in Spagna. E i due grandi avversari, Mas e Rajoy, potrebbero anche essere già usciti di scena.