martedì 22 settembre 2015

Il Sole 22.9.15
In pensione con taglio del 3-4%
Le simulazioni. Gli effetti reali sugli assegni delle ipotesi di penalizzazioni
Riduzione di 42 euro al mese per un anno di uscita anticipata
di Gianni Trovati


MILANO Per trasformare in un’opzione concreta le ipotesi che si stanno moltiplicando sui meccanismi di pensione anticipata bisogna trovare due equilibri: quello del bilancio pubblico e quello dei conti privati dei singoli “prepensionati”. E i due bilanci, com’è ovvio, parlano lingue contrastanti, perché una penalità leggera a carico di chi comincia a ricevere l’assegno previdenziale prima del tempo può costare troppo, mentre un taglio pesante finisce di rendere la scelta appetibile solo quando è obbligata dalla perdita del posto di lavoro.
Dal punto di vista del bilancio privato, i calcoli devono tenere conto anche del versante fiscale, perché una pensione penalizzata darebbe naturalmente un reddito più leggero, quindi meno colpito dalle tasse nazionali e locali. Le tabelle qui sotto propongono i possibili effetti dei tagli applicati a due pensioni che, in caso di uscita senza anticipi, sarebbero di 20mila e 40mila euro lordi all’anno (più di nove pensioni su 10 si fermano sotto questa cifra). Con una penalità del 4% all’anno, un’uscita anticipata di 12 mesi porterebbe a una sforbiciata di 800 euro lordi: al netto delle tasse nazionali, regionali e comunali, però, il sacrificio si fermerebbe a 548 euro, cioè poco più di 42 euro per 13 mensilità. In questo quadro, la pensione netta passerebbe dai 1.272 euro netti dell’assegno in formula piena a 1.230 euro, con un taglio reale del 3,3 per cento.
Le soluzioni applicative su cui stanno lavorando in questi giorni i tecnici del Governo ipotizzano anche anticipi superiori, accompagnati da una progressione dei tagli. Ampliando lo stesso meccanismo descritto finora a un anticipo di quattro anni rispetto al calendario previsto dalle regole attuali, il taglio lordo sarebbe dunque del 16 per cento. Sulla pensione da 20mila euro significa 3.200 euro, che però scendono a 2.192 dopo aver calcolato le ricadute fiscali: si tratterebbe comunque di poco meno di 169 euro al mese (cioè il 13,2% delle somme che si riceverebbero aspettando di raggiungere i requisiti ordinari), una cifra non certo indifferente a questi livelli di reddito.
Nel pacchetto delle regole in discussione c’è poi una riedizione del canale ad hoc per le lavoratrici: la nuova versione dell’«opzione donna» non porterebbe al ricalcolo della pensione in chiave contributiva, ma in pratica riproporrebbe con qualche aggiustamento le penalizzazioni progressive previste per gli altri. Nel caso delle lavoratrici in cerca di uscita si parla di una penalità del 3,33% all’anno, con un anticipo massimo di tre anni. Gli effetti sarebbero di conseguenza un po’ più leggeri, con un taglio effettivo del 2,72% in caso di pensione da 20mila euro lordi.
Al momento, però, la situazione è ancora molto in movimento, dominata com’è dall’incognita degli effetti sui conti pubblici. L’apertura di una via anticipata per la pensione produce infatti una serie di costi non facili da calcolare, e ancor meno da coprire: prima di tutto c’è l’assegno che viene riconosciuto negli anni che precedono il raggiungimento dei requisiti ordinari, e poi ci sono i mancati contributi che il lavoratore ovviamente non versa più. Nel primo caso riportato dalle tabelle, quello con il reddito più leggero, far partire la pensione con un anno di anticipo costerebbe ai conti pubblici 25.420 euro pro capite:?con una penalizzazione effettiva da 548 euro ci vorrebbero 46 anni a pareggiare i conti, senza calcolare la perdita di gettito fiscale perché una pensione tagliata produce meno tasse .