martedì 22 settembre 2015

Il Sole 22.9.15
La Catalogna apre l’autunno caldo spagnolo
di Luca Veronese


Spagna. Passaggio chiave per l’indipendenza della regione più ricca del Paese e test di grande importanza in vista delle elezioni politiche nazionali che si terranno nel prossimo dicembre
Dalla Spagna Pablo Iglesias è stato il primo a congratularsi con Alexis Tsipras per la vittoria alle elezioni. «I greci hanno mostrato con chiarezza chi vogliono come capo del governo. Complimenti Tsipras, forza amico mio», ha detto a caldo il leader di Podemos che per tutta la campagna elettorale ha sostenuto «i fratelli greci di Syriza».
Iglesias ha tutta l’intenzione di replicare in Spagna, nelle elezioni politiche di dicembre, il successo ottenuto da Tsipras. Dopo aver raccolto in un movimento organizzato la protesta di piazza degli indignados ha conquistato, nelle elezioni europee del 2014 e nelle amministrative dello scorso maggio, i voti per mettere in crisi quarant’anni di bipolarismo socialista-popolare.
Ma prima delle elezioni generali di dicembre la Spagna dovrà affrontare un altro passaggio decisivo: domenica prossima si voterà infatti in Catalogna in una consultazione che sarà anche un referendum sull’indipendenza della regione più ricca del Paese. Più di cinque milioni di catalani saranno chiamati a scegliere tra i separatisti, guidati dall’attuale governatore Artur Mas, e i partiti che si oppongono alla rottura con Madrid. E tra questi potrebbe avere un ruolo chiave Ciudadanos, il movimento di Albert Rivera, nato a Barcellona proprio in opposizione alle spinte separatiste e cresciuto rapidamente in tutta la Spagna: centrista e liberista, meno estremo di Podemos, ma altrettanto determinato nell’attacco ai partiti tradizionali e alla corruzione della casta.
Simboli e cultura, economia e rivendicazioni nazionaliste si intrecciano nel voto in Catalogna che potrebbe assegnare - almeno secondo gli ultimi sondaggi - la maggioranza assoluta nel Parlamento regionale al fronte indipendentista (anche se in una difficile intesa tra conservatori e sinistra estrema) e potrebbe al tempo stesso muovere ancora gli equilibri e le alleanze anche sulla scena nazionale: nello scontro istituzionale con la Catalogna, il premier popolare Mariano Rajoy non ha mai fatto concessioni e anche per questo si sta giocando molta della sua credibilità.
Da anni i leader della Catalogna - regione autonoma con un Pil di 200 miliardi che vale un quinto dell’intera economia nazionale ma anche il maggiore indebitamento per un totale di 66 miliardi di euro - chiedono a Madrid di rivedere un sistema nel quale le regioni hanno la responsabilità di un terzo della spesa pubblica, comprese scuole e ospedali, ma vivono di trasferimenti statali. E ieri Mas è arrivato a minacciare Madrid di non pagare la parte del debito pubblico nazionale.
La separazione dalla Spagna porta con sè molti rischi e molta incertezza. Nei giorni scorsi le banche nazionali hanno minacciato di ritirarsi dalla Catalogna. Le imprese attraverso le loro associazioni - dal Ceoe, la Confindustria spagnola, presieduta da Juan Rosell, al Cepyme per le piccole e medie imprese e alla Camera di Commercio - spiegano che «le conseguenze di un’ipotetica secessione sarebbero gravissime per l’economia». E ieri il governatore della Banca centrale spagnola, Luis Maria Linde, è entrato in diretta polemica con Mas, avvertendo che in caso di secessione «l’uscita dall’euro sarà automatica così come l’uscita dall’Unione europea» e che «se ci saranno tensioni gravi è possibile che si arrivi al blocco dei depositi» con un corralito alla catalana, cioè con la sospensione o la riduzione dei ritiri bancari come avvenuto in Argentina e di recente in Grecia.
A guardare bene anche la popolazione non appare così convinta della via separatista. Solo il 30% dei catalani si dice apertamente a favore dell’indipendenza, il 18% vorrebbe lasciare le cose così come stanno mentre - secondo l’ultimo sondaggio di Metroscopia - il 42% vorrebbe sì restare a far parte della Spagna ma con maggiori competenze e autonomia assegnate alla regione. Negli ultimi giorni di campagna elettorale Mas cercherà di convincere almeno gli indecisi: quasi il 10% dei votanti, oltre mezzo milione di cittadini.