martedì 15 settembre 2015

il manifesto 15.9.15
Coalizione in piazza il 17 ottobre, ma aumentano i litigi a sinistra
Il movimento di Landini. Manifestazione con Libera, impegno contro il Jobs Act e le riforme di Renzi
Ed è scontro con Civati sui referendum: "Non vedo molte firme"
La replica del fondatore di "Possibile": "Si candida a segretario Cgil o si butta in politica?"
di Antonio Sciotto


In piazza con Libera il 17 ottobre, in occasione della giornata mondiale per l’eradicazione della povertà. Il contrasto al governo Renzi su diversi fronti: a partire da dove l’esecutivo ha già “colpito” o minaccia di farlo a breve — Jobs Act, Buona scuola, Sblocca Italia, privatizzazione dei beni comuni, riforme istituzionali. Il contatto con i lavoratori, anche quelli precari, e il mondo dei movimenti e dell’associazionismo. In modo da allargare la base di consenso, perché il primo vero nemico è il minoritarismo: Maurizio Landini domenica ha lanciato l’autunno della Coalizione sociale in un’assemblea partecipata (circa 400 persone) al Teatro Ambra Jovinelli di Roma.
In più occasioni, anche negli ultimi giorni, il segretario della Fiom ha tenuto a ribadire che la sua creatura non è un partito politico, e soprattutto che vede come il peggiore dei mali che possa essere identificata con quanto sta a sinistra di Renzi, proprio perché si tratta di partiti piccoli, frammentati e divisi. Nella intervista che il manifesto ha pubblicato domenica, Landini ha ribadito di essere «stanco delle vecchie etichette, destra e sinistra» e che ci si deve misurare soltanto su principi e valori.
Sempre domenica, in una intervista a Repubblica, alla domanda sulla sua possibile partecipazione alla costituente di sinistra di Paolo Ferrero, prevista a novembre, ha fatto capire di non essere intenzionato ad andare, limitandosi a fare «gli auguri» all’ex segretario di Rifondazione. E poi, domenica sera, alla festa della Fiom, intervistato dal direttore del Fatto Marco Travaglio (anche questa scelta è indicativa della ricerca di un pubblico trasversale e che vada oltre la sinistra classica), ha sostanzialmente liquidato i referendum promossi da Pippo Civati (uno dei quali è proprio sul Jobs Act): «Vedo il rischio che quel processo lì non porti a molte firme», registra la cronaca del Fatto. E poi ha aggiunto: «A me l’idea che qualcuno faccia casino per costruire qualcosa alla sinistra del Pd non piace, non possiamo essere minoritari».
Landini starebbe riflettendo piuttosto su «come essere maggioritari», tornando a conquistare le ampie fasce sociali che hanno ingrossato il partito dell’astensionismo. Bisogna capire poi dove indirizzare questa massa critica, nell’ipotesi che riesca a costituirla: sarà solo un movimento di pressione su questo e sui governi venturi, o un giorno diventerà la base per un partito politico? E ci sono i margini, visto che buona parte dei voti un tempo di sinistra oggi stanno nel M5S?
Civati non ha lasciato correre, e ieri ha replicato: «Ma quindi ha deciso? Landini si è messo a fare politica — dice il fondatore di Possibile — A giugno, quando ci siamo visti, gli avevo proposto di avviare una stagione referendaria e di scrivere insieme i quesiti, spiegandogli che, come aveva intenzione di fare lui, anche io ero intenzionato a promuovere una ripartenza della politica dal basso, e non dal ceto politico, né dal ceto sindacale». «Quella sua di ieri — prosegue — mi sembra quindi la nostra proposta di maggio, peccato che arrivi a settembre e quasi alla fine della nostra campagna referendaria. Capisco che Landini abbia un altro ruolo, ma forse un giorno deciderà e ci spiegherà se intende candidarsi a segretario della Cgil o se si metterà a fare il politico a tempo pieno. E se l’anno prossimo promuoverà dei referendum, io li firmerò con molta più generosità».